Un disco bello e a tratti straniante che rappresenta la metamorfosi del Santo Niente.
Lo confesso fin dall'incipit: da "Mare tranquillitatis" mi aspettavo chitarre grosse, distorsioni a palla e tanta ferraglia urlante. Insomma, mi ero fatto l'idea che sarebbe stata una nuova buona occasione per riassaporare un bel po' di rumore declinato alla maniera del Santo Niente, come una sorta di ritorno alle origini.
E invece no, "Mare tranquillitatis" sfugge - di molto e anche per fortuna - alle mie classificazioni preventive, consegnandoci un altro nuovo tassello della multiforme personalità di Palazzo. Il risultato è un album lontano anni luce sia da "Il fiore dell'agave" che dall'ep "Occhiali scuri al mattino", piuttosto parente di "Sei na ru mo'no wa na'i", quantomeno per le atmosfere da slow-motion che lo caratterizzano. Dopodiché è davvero tutta un'altra storia, a tratti persino straniante: ci devi fare l'orecchio ed entrarci dentro, finché non arrivi ad apprezzare canzoni come la conclusiva "Sabato Simon Rodia", caratterizzato da una tensione oscura che sembra dilatarsi all'infinito mentre Palazzo racconta di questo controverso architetto italo-americano.
A guardarci bene, però, la vicenda di questo personaggio é solo uno dei 6 pretesti (tanti quante sono le tracce del disco) per raccontare la decadenza mista ad ipocrisia della società in cui viviamo. In quest'ottica, ad esempio, é da leggere una canzone come "Maria Callas", altro personaggio di spessore (riadattato per l'occasione) che nella canzone muore per i nostri peccati. E questo è un po' tutto l'immaginario dell'opera, come se le storie di singoli peccatori possano in qualche modo servire ad espiare le colpe del genere umano.
Il pezzo forte del disco é "Primo sangue", musicalmente una sorta di mantra costruito su un ossessivo loop ritmico che penetra in testa ascolto dopo ascolto e fa di questi 10' una delle canzoni più interessanti dell'intero repertorio del Santo Niente. Però davvero qui dentro, nonostante la scelta stilistica sia stata quella di rallentare e dilatare le atmosfere (l'iniziale "Cristo nel cemento" sembra essere ancorata alle esperienze post-rock di fine anni '90), il livello d'attenzione non cala mai, rapiti da questa incredibile atmosfera tanto scura quanto attraente (proprio come avveniva nelle prime opere, anche se i suoni erano altri).
Per Palazzo non era affatto facile trovare la quadra ma, dopo il bellissimo esordio solista di 2 anni fa, ha saputo replicare agli stessi livelli reinventandosi quasi il marchio di fabbrica. Non è da tutti. Applausi.
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La recensione Mare Tranquillitatis di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-10-07 00:00:00
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