Negli anni Novanta (e nei primi ventiquattro mesi dei Duemila) si suonava così: analogici, valvolari, introspettivi. Una lezione che i Redroomdreamers hanno assimilato bene, a tratti benissimo. "Going To The River" apre le danze malinconiche di "Honduras" con pennellate solenni e tristi, come possono esserlo quelle giornate nelle quali ci si ritrova con gli obiettivi mancati e nessuna via di fuga davanti. A conti fatti, il brano migliore del disco: slowcore a metà tra Karate e Red House Painters.
"Inside You" è un rock'n'roll frenetico, da corsa verso l'abisso e ritorno, tipo un Mice Parade armato di due soli accordi, quelli giusti. "New Day" è una dissonante ballata fatta di sgambetti ritmici, bassi molleggiati e chitarre secche alla maniera dei vecchi Unwound. "The Hole" è una chiusura atmosferica che ruota attorno agli arpeggi sospesi e a quella voce lieve e drammatica allo stesso tempo.
I Redroomdreamers hanno un suono che è un atto d’amore nei confronti dell’indie rock. Tra i nove brani di “Honduras” si celano piccole gemme che non sono nostalgiche: sono ispirate.
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