Un disco da tenere a mente se amate i ritmi mediterranei e il bel songwriting
I Camilloré sono una band pugliese che parte dal cantautorato per arrivare al teatro canzone di gaberiana memoria, passando per il folk e le chitarre rock. Senza dimenticarsi mai da che parte del mondo vengono: il Mediterraneo.
Questo disco, il terzo al loro attivo, è nel complesso una buona prova. In chiave corale e con attitudine da saltimbanchi, attraversano ritmi come il balcan, il latin ("Questi pensieri", dove riecheggia quasi Santana e l'Ivano Fossati della famosa banda che suona il rock) o pezzi alla Capossela ("L'orologio di Ulisse"), cercando di mantenere una propria identità. Un marchio di fabbrica che si sente un po' in tutto il disco. La traccia d'apertura che apre il disco è notevole, quasi medievaleggiante nell'intro, ma delicata e intensa: una prima prova della versatilità del gruppo. Ci sono pure i pirati, mischiati con la mitologia greca, in "Poseidone e il whisky", pezzo d'ispirazione blues. E suoni gypsy ("Ero") mischiati col rock.
In alcuni pezzi, però, soprattutto verso la fine del disco, perdono verve creativa. Cedono un po' ai cliché del cantautore sghembo e menestrello, come in "La mantide e l'amante" o "Teresa dondolava", e l'attenzione dell'ascoltatore scema. O in "Il gioco del fato". A chiudere, risolleva gli animi "Trappole", che ha un che di poetico nonostante l'escamotage del ritornello in coro non sia dei più originali.
In definitiva, un nome da tenere a mente se vi appassionano i ritmi del sud del mondo, specialmente quando si uniscono a un bel songwriting e a ricchi arrangiamenti. Forse non piaceranno a tutti, ma hanno talento e se si incamminano sulla strada della sperimentazione dei suoni, come il loro genere normalmente predica, potranno fare anche di meglio.
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La recensione Il Kaos della Solitudine di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-12-10 00:00:00
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