Violacida. No, non è un bel nome. Potrebbe essere il nome di qualche band improbabile anni '90, una di quelle che si forma al liceo e va avanti per la sua strada, incurante di tutto, finché nascono i primi figli. Il nome non è una cosa di poco conto, ma per fortuna è l'unica cosa che non funziona in questo album d'esordio.
"Storie mancate" è un disco fatto da canzoncine semplici tra pop e cantautorato, dominate da chitarra grezza e batteria e attraversate da synth che fanno esattamente quello che ti aspetti da loro. Pezzi semplici, che si fanno ascoltare e ricordare fin da subito, grazie anche a testi intelligenti, che usano diverse strade per catturare. Quello raccontato dai Violacida è un mondo fatto di citazioni leggere di Bresson e Pavese, di voglia di stare fuori e di disillusione per il futuro. Un mistone di temi e toni che posizionano la band di Lucca tra adolescenza e post, con richiami di Tre Allegri Ragazzi Morti e Zen Circus. Dai primi i Violacida prendono la passione per storie e personaggi, con tanto di modo di cantarli (vedi "Occhi belli"); dai secondi l'attitudine e un rapporto mai risolto con la provincia. A questi modelli, i Violacida aggiungono sonorità anni '60 sparse qua e là e un gusto pop storto, che li potrebbe posizionare non lontani da quel genietto che rimane Babalot.
Al di là dei riferimenti, obbligati per dare un po' di inquadramento alla cosa, quello che colpisce è che tutto suoni così istintivo, senza sfociare nell'inconsistenza. In "Storie mancate" ci sono tante cose naif, è vero, ma è un atteggiamento che suona sincero, mai forzato. Da qui a iniziare a canticchiare i pezzi, il passo è breve. Che sia promettere di fare "a botte tra di noi" o rivendicare che "è nostro il quartiere stasera", conta poco. I Violacida hanno messo insieme dieci canzoni che funzionano e si piazzano tra le belle sorprese del 2013.
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