Disco crossover che si estende in ogni dove. Manca un'idea di sintesi
Con un nome ed un titolo che sembrano usciti dalle pagine di un’opera letteraria decadente, in equilibrio lungo uno scaltro gioco ad incastri tra il rock fragoroso, il reggae, il funky, il jazz e la world music; ci si chiede subito se l’opera si possa reggere in piedi senza vacillare troppo. Vagabondando in libertà assoluta di ispirazione tra variegate reminiscenze, di certo si attinge a dissimili fonti che conducono, tuttavia, ad uno stesso nido, ad una unica e propria peculiarità. Paesaggi di nero crossover che si dilatano in fantasie world tra chitarre furoreggianti e cantilenanti melodie: regalano ad un’interpretazione del suono l'estensione, il calore e la potenza, irradiano un’energia pieni di stimoli e impulsi alla ricerca di una traiettoria più decisa. Particolari poco convincenti gli intermezzi parlati, affascinantissima la sinfonia di apertura. Nel gioco disarticolato di incroci, il nido dovrebbe rappresentare la sintesi di un colorato-folle amalgama di suoni. Le intuizioni non cadono di tono, quindi la traiettoria è giusta. Occorrerà solo meglio concentrarla.
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La recensione I piedi della follia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-11-26 00:00:00
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