Una prima opera acerba, forse spinta più dalla voglia di registrare su supporto elettromagnetico la propria voce che dal lasciare un proprio messaggio con una forte identità sonora e comunicativa alle spalle, senza per forza scomodare McLuhan.
Certe scelte non le capisco. Perché per esempio prendere “Hipsteria” dei Cani (“Hiroshima mon amour”) o “Creep” dei Radiohead (“Nell’era dello spritz”), suonarle in piano-bar style senza accenni di averne compreso il retroterra sonoro (e non solo) e schiaffarci sopra un testo nuovo? Il resto del lavoro veleggia tra pesati citazioni, con una prevalenza per un risultato che sembra Pupo rivisto in chiave anni novanta italiani. Niente è escluso, dal pop al rock di Ligabue (“Scusa”) , fino alla cassa in quattro (echi di Subsonica, per caso?) di “Bar 24h”. A corollario testi con storie comuni, di tutti i giorni, con considerazioni personali a latere che però non riescono a lasciare mai veramente il segno.
Forse tra le pieghe di queste canzoni si annida una confusione dettata dal troppo amore per le soluzioni già sperimentate, senza averle interiorizzate e filtrate con personalità. Buoni ascolti e buone sperimentazioni, ma la voce deve essere la tua e solo tua e qui non ci siamo ancora. Vedremo in futuro
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