Continuano le paradossali decostruzioni linguistiche in salsa elettropop di Luisenzaltro, sempre sulla lunga scia delle avanguardie new wave italiane
Il buon Luisenzaltro torna a girare nel mio lettore dopo la graditissima incursione di “Radiogramma – Episodi grammatici”, recensita pochi giorni addietro. Davvero difficile per il musicista milanese, se non impossibile, disintossicarsi da quella sua ormai collaudatissima formula fatta di paradossali decostruzioni linguistiche in salsa elettronica che costituiscono il suo plasma artistico. “Non vedo l’ombra di vedere la luce” null’altro fa che riverberare forma e sostanza dei precedenti lavori ponendosi a tutti gli effetti come capitolo di chiusura di quella “tetralogia melogrammatica” che ha segnato concettualmente l’ultimo biennio di carriera di questo acrobatico paroliere del nonsense dell’underground italiano.
A questo giro leggermente più intimista e radiofonico del solito Alessio Luise continua la sua personale rivisitazione della new wave italiana più colta – vecchia e nuova – a colpi di surreale cantautorato e freddure sintetiche di familiare fattura: capita così di ritrovare il Garbo dei tempi migliori tra le strofe di “33 sigarette”, così come l’asse Bluvertigo / Soerba nelle divagazioni di “Call center” e “Tutto è reale eppure è inventato” piuttosto che lo stesso Luca Urbani tra le frequenze di “Piccoli esercizi di schiettezza” e “Passeggero”; strada facendo spuntano anche i Tiromancino elettronizzati de “La mia strada (la mia astratta)”, l’irriverente divertissement di “Cagnolina” e il tellurico cazzeggio indie-tronico, fottutamente 80iano, di “Se tu Baudelaire, io Miaodelaire”.
Per Luise, dunque, un altro progetto dalla matrice stilistica accattivante, la quale, però, a lungo andare, potrebbe anche rivelarsi pericolosamente ripetitiva.
---
La recensione Non vedo l'ombra di vedere la luce di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-01-27 00:00:00
COMMENTI