Il disco della maturità per Cremonese. Con almeno quattro canzoni da urlo.
Abbandona il diminutivo Edo e torna al suo vero nome, Edoardo Cremonese, per il suo secondo album, dal bizzarro (ma motivatissimo) titolo “Siamo il remix dei nostri genitori”. Inusualmente, per un autore pop rock che fa dell’(auto)ironia una delle proprie armi migliori, il lavoro si presenta come un concept narrativo che procede per flash dalle origini raccontate nella title track, prosegue per flash dedicati a una relazione amorosa e a ritratti di amici e conoscenti della generazione twentysomething, inquadrati tra amori perduti e perdenti, quindi inquadra una vacanza in Sicilia che rischia di sfociare in una gravidanza inaspettata, si muove tra una Milano tentacolare (“Milano è un mostro con la bocca grande / che mangia gli alberi e i parchetti e caga sei grattacieli per abitante”), una campagna mitica in cui si prova la tentazione – frustrata – di rifugiarsi, una Palermo caotica e selvaggia simmetrico contraltare di Milano in quanto ad alienazione, una Padova in cui si invoca l’intervento miracoloso di Sant’Antonio affinché realizzi la tanto agognata svolta.
Se queste sono le coordinate spaziali entro cui si muovono i protagonisti dell’album (lo stesso autore e i personaggi che ruotano a lui), quelle temporali oscillano tra un futuro che si propone o come plumbea prosecuzione di uno slavato presente o come miraggio di vita autentica a contatto della natura e un passato mitico e mitizzato, costante pietra di paragone del presente, fatto soprattutto di sovrastrutture culturali e pop: così, il richiamo della campagna è evocato in modi che non possono non richiamare alla memoria “Un albero di trenta piani” di Adriano Celentano e citano esplicitamente il Renato Pozzetto di “Il ragazzo di campagna”, i cui i nonni “alla nostra età, piuttosto di fare uno stage / avrebbero dato fuoco oppure messo una bomba / alla stazione centrale di Bologna”. Ed è solo uno dei mille esempi.
Poi ci sono i modi in cui è comunicato questo immaginario, consueto in Cremonese, ma che finalmente trova una sua organicità. E sono tre: l’interpretazione, le scenette dal sapore cinematografico che costellano i brani, la musica.
La tendenza a cantare con uno stanco tono piagnucolante propria di Cremonese trova in questo lavoro la sua quadratura del cerchio: le tragicomiche vicende e i disperati slanci del protagonista, un disgraziato come l’Armando o il Bobo Merenda di Jannacci (benché proclami disperatamente che “ho solo un disco di Jannacci, ma non ho il giradischi”, la discendenza, volente o nolente, è quella: esiste anche la reincarnazione artistica) sono resi alla perfezione da questo particolare modo di interpretare i brani. Nel corso dei testi fioriscono dialoghi con i personaggi citati, che prendono vita all’improvviso: ed ecco il padre della morosa, il peruviano dispensatore di proverbi, i due cantanti (l’altro è Lodo Guenzi dello Stato sociale) che si intersecano nel narrare le vicende del matto Samuele, di una specie di alter ego padovano (ma in realtà è Alberto Pernazza degli Ex-Otago, presente anche nella title track) sicuro di sé con cui dialogare in una specie di flusso di coscienza (“Bagaglino”), l’ospitata di Nicolò Carnesi nello stacco sognante e trasognato di “Il re è nudo con le Vans”. In pratica, sembra di vedere un film. E tutto funziona alla perfezione.
Ultima, ma più importante di tutto, perché senza di lei nulla può funzionare, la musica: sarà merito degli arrangiamenti più corposi rispetto a un tempo, che fondono il meglio della tradizione (c’è di tutto, a partire dai cori degli Smashing Pumpkins) in qualcosa di fresco e odierno, sarà merito di una composizione più matura e ispirata, ma il disco sfodera una serie di grandi pezzi, al cui confronto non si capisce perché sia stata scelta come video “Siamo il remix dei nostri genitori”, che alla fine risulta l’unico brano non completamente convincente. Il meglio viene verso la fine: “Bagaglino”, “Il re è nudo con le Vans”, “A Milano col trattore” e “Sant’Antonio” sono un poker d’assi per aver composto il quale più di qualcuno farebbe carte false. Ma tutto il disco è godibile: e a 28 anni Edoardo Cremonese mostra una invidiabile maturità. Conoscendo come funzionano le cose, questo dovrebbe il disco che prepara la sua esplosione, se saprà mantenere questo livello di ispirazione: intanto, non perdetevelo per nessuna ragione al mondo.
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La recensione siamo il remix dei nostri genitori di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-02-20 00:00:00
COMMENTI (1)
Bello!