Il ventiquattrenne in questione sa che cosa sta facendo: cura le melodie, non si dimentica il dancefloor.
La prospettiva per la quale saremmo nati tutti matti ma qualcuno di noi nella vita continuerebbe poi ad esserlo è interessante. Spiegherebbe anche molti fatti e personaggi. Comunque inutile disquisirne qui, magari chiederò a MileSound BASS, che è di Pioltello, di vederci per una birra al MI AMI ANCORA che è agli East End di Milano (comodo per tutti e due) e parlarne. Sarebbe anche l'occasione per fargli i complimenti per questa sua solida uscita su Rexistenz Records, l'etichetta milanese «dedicata al dancefloor mutante e all'elettronica sperimentale», come da sito. L'album infatti abbraccia a piene mani diversi riferimenti elettronici passati e presenti con un'attenzione alle ritmiche dubstep e d''n'b più aggressive. E quindi voi direte che ne avete le orecchie piene ecc., e invece no, aspettate. Il ventiquattrenne in questione sa che cosa fa ed ha un'attenzione nei confronti della melodia che nell'orientamento dancefloor del genere difficilmente si trova. Mentre “Alien Dreams” apre dunque con cupezze alla Ed Rush & Optical virati dubstep, “Let it rain” si appoggia su ritmiche glitchate e filtrate come il buon Amon Tobin, lasciando però spazio ad una voce stile Katy B e a delicate note di piano Robert Miles (sarà la contiguità di nomi?). “Lucid Dreams” potrebbe essere la sigla di un videogioco tipo Golden Axe su ritmiche quasi drill'n'bass, similmente a “Mindfulness” che apre ancora con un pianoforte questa volta dalle parti di Sébastien Tellier. “In other life” rallenta il passo e lascia il passo a bassi digidub e fantasmagorici segnali radio mentre “Broken reality” ha quei panorami rilassati da Plaid narcotici, proprio come “Still Raining”.
Si chiude con “Nihil Est – L'estasi di S. Teresa (remix)” che ditemi voi se non sembra un po' una b-side dall'ultimo album dei Linkin Park (disclaimer di chi scrive: «Seguo i Linkin Park dal loro primo disco e ho consumato “Living Things” quindi questo accostamento deve suonare come un complimento. E non accetto discussioni, grazie») e con gli sbilenchi fumi trip hop di “This is The Last Time You See Me (I'm Going)” con annesso giretto dance anni '90. Qualche ripetitività nella scrittura (soprattutto nell'abbondanza di trick sulle ritmiche) non pregiudica affatto l'ascolto che resta consigliato a chiunque ami i riferimenti di cui sopra (me compreso).
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La recensione WE ARE ALL BORN MAD, some remain so di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-01-30 00:00:00
COMMENTI (1)
Grazie della recensione Francesco Fusaro!!
Colgo l'occasione e ti dico che sarò presente al Mi Ami Ancora.
Se vuoi contattami in privato, o su fb, o dove vuoi e ci mettiamo d'accordo :) .