Ipercussonici
Carapace 2013 - Rock, Folk, Afro

Carapace

Ipercussonici, ovvero come muoversi tra ritmi tribali e nomadismo culturale.

Tra ritmi tribali e nomadismo culturale. Le coordinate sono chiare e spiegano quel che c’è da spiegare, d’altra parte la cifra stilistica de Ipercussonici è tutta stretta tra quei due confini. Ma l’abbraccio è così esteso e forte da coprire il mondo, o almeno quello meno battuto dalle correnti occidentali.

“Carapace” è un disco dal respiro internazionale: decolla dalla natia Sicilia, gira attraverso l’Africa Nera, risale verso il Maghreb, vira in direzione del nuovo mondo e poi riprende a girare, senza soluzione di continuità. Tra ritmi altissimi, incalzati da percussioni potenti e dominanti, dal marranzano siciliano, dal didjeridoo australiano, da un campionario di tamburi africani, dalla kora, pizzicata, per l’occasione, dal virtuoso senegalese Jali Diabate. Già, un suono globale. Dal quale escono fuori undici pezzi bagnati di blues e rock (c’è anche la cover di “On the road again”, forse non proprio riuscita, ma è lì…) di smancerie elettriche ed elettroniche, di ironia. E denso, come certi arrangiamenti che finiscono per rischiare la saturazione. Ma per fortuna si poga, sospinti dalla voce di Alice Ferrara, e si prova a riflettere sullo stato delle cose. Sul nucleare (“Mururoa” è stata usata da Greenpeace come colonna sonora di una sua campagna di sensibilizzazione sui rischi dell’atomo), sull’amore universale, sui beatiful losers, come la cantastorie licatese Rosa Balistrieri, omaggiata con una vivace versione di “Quannu moru”. Tasselli che confermano lo stato di grazia della band siciliana, corroborato dalla presenza al Womad dello scorso anno: forse il prefisso “iper” all’inizio della ragione sociale non è stato messo lì per caso.

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