In tutta sincerità avrei fatto volentieri a meno di scrivere questa recensione, a causa di una frequenza tutt’altro che assidua di questa quinta creatura (esclusi live e vari ep) generata dai tanto amati Marlene Kuntz. Ma il tempo stringe e in fondo gli ascolti sono già abbastanza rispetto alla media standard, e con il reiterarsi degli stessi la famosa ‘prima impressione’ - di cui vi renderò partecipi nel seguito di questa recensione - pretende ancora le sue ragioni del caso.
Diciamo subito che “Senza peso” non è il classico disco à la Marlene, e quindi il paradosso è che rischi di non soddisfare del tutto i fan della prima ora (come il sottoscritto), mentre di certo conquisterà adepti fra coloro che finora erano rimasti in quel limbo in cui la ‘supponenza’ nei confronti di Godano e soci prevaleva sulla curiosità. Ciò dovuto alle (relativamente) nuove coordinate sonore che i quattro cuneesi disegnano in questi 14 pezzi (spora compresa), grazie anche a fattori primariamente rilevanti come la migrazione a Berlino per registrare il disco e il supporto di Rob Ellis e Head in cabina di regia.
Ma l’aspetto fra tutti più sorprendente non riguarda tanto la conquista di nuovi cultori, bensì la palese virata del quartetto verso sonorità in cui la scelta delle mezzetinte si preferisce alle asperità noise, da sempre marchio di fabbrica dei Nostri. Quando le chitarre di Tesio si fanno più dure (vedi l’apertura di “Sacrosantà verità” e la seguente “Ci siamo amati”, il primo singolo “A fior di pelle”, “L’uscita di scena” e “Secondo chi vorrà”), i risultati ci sembrano mediocri e sfocati, quasi che si voglia approdare su nuovi lidi sonori ma si è sprovvisti di bussola. Sicchè il disorientamento è forte, almeno da parte dell’ascoltatore, e diventa complicato seguire questa metamorfosi che ci sembra ancora incompiuta e, aggiungiamo, travagliata (!!!).
Detto ciò, non significa che l’opera in questione sia di facile ascolto, come molti vorrebbero far credere, anzi: le atmosfere paiono più scure, spesso opache, e Godano dà l’impressione di cercare nuove vie di fuga per il suo cantato (pur se non sempre il gioco riesce al meglio, come nel caso di “Con lubricità”). I risultati degni di nota si registrano comunque quando è il momento delle ballate, in particolar modo con “Danza” (con una grande prova vocale di Godano) “Notte” (candidata a diventare una nuova “Lieve”), “Schiele, lei, me”, “Ricordo” (la cui trama, tra archi tesi ad aprire il pezzo e le chitarre sempre sul punto di esplodere, è quantomai inedita nel repertorio marleniano) e l’abbozzo di “Scorre”. Ancora in fase di metabolizzazione, invece, episodi come “Laura” e “Fingendo la poesia”, che si collocano esattamente a metà strada tra il passato e le nuove tentazioni.
Perciò, essendo ancora lontani da un giudizio definitivo (se mai lo si partorirà), il consiglio è di avvicinarsi a “Senza peso” senza particolari pretese, liberi da condizionamenti di ogni tipo. Potrebbe essere questa, in fondo, la dimensione emotiva ideale per apprezzare (decifrare?) 14 canzoni in cerca di un’identità che forse solo singolarmente, ognuno di noi, riuscirà ad attribuire.
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