Cioè che distingue il suono di Marco Dassi da molte cose del giro nu disco italiano al quale potrebbe essere associato, data l'etichetta responsabile dell'uscita (Hell Yeah!), è (scusate l'involontaria sinestesia) la visione. Ovvero, si capisce che lui guarda le cose da un'altra prospettiva; il che significa che in questo suo lungo album d'esordio – dopo una serie di ep per etichette varie – troverete certo il necessario bric-à-brac del genere (i fiati di “Les petites choses”, ad esempio, o i pad dell'iniziale “Be a Light”; il crescendo acid in slo-mo di “Fleeting Glances” o ancora i sintetizzatori dal sapore vintage del giretto leggero di “Swedish love”) ma anche i segni evidenti di una formazione musicale in ambito elettronico che prende a piene mani da techno, minimal techno e innesti tech house.
Questo discorso può valere sia per la scelta dei suoni, in particolare la parte ritmica (dal sapore digitale e molto in evidenza), sia per la presenza di determinati brani che offrono un paesaggio sonoro piuttosto articolato: “When she puts her hands around me” con le sue chitarre, quei sussurri intimi e spettrali, la sua ritmica spezzata, è la nu disco che incontra la dubstep. “Breaking dawn” è un bel trionfo di atmosferici glitch che solitamente non si ascolta in questo ambito e che dimostra la perizia compositiva di Dassi. “La Chute de L'Homme” è ancora un numero ciondolante che ricorda un Vangelis in chiave post-dubstep prima di virare verso una morbida interpretazione house, similmente alla successiva “Slow Norske” che pare di sentire i Motorbass passati attraverso echi dub. L'elenco potrebbe continuare con il bellissimo mosaico di voci pitchate di “Reloved” su robusti loop in 4/4 o della sorella dubstep “The Right Side”; o con la deep house bagnata nell'acid di “Acid Purple Weed” e la daftpunkiana (e magnifica) “Feel Like Flying”; o con la conclusiva, aphexiana, “Confabulous”.
Insomma: un lavoro eccezionale, nel senso più proprio del termine.
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