In pochissimi in Italia si possono permettere di essere considerati gruppi capisaldi di un genere, soprattutto quando si tratta di derivazioni dell’infinito universo denominato ‘rock’. Nel caso degli H-Strychnine non abbiamo però alcun dubbio a investirli di tale titolo se parliamo di hard-core, genere che ha avuto i suoi natali oltreOceano ma che oggi ha di fatto generato proseliti in tutto il mondo.
Così, i 5 ferrarresi approdano all’Ammonia (label che si è prodigata anche nella stampa del loro primo singolo “Reach”), pubblicando queste 11 tracce che sconvolgono per potenza sonora e perizia strumentale. In più, rispetto ai compagni di etichetta Livello Zero, sembrano avere qualche debole per la melodia, sicché “Play with kytes” non risulta essere monolite sonoro ma a tratti anche lavoro (relativamente) melodico, oltre che ricco di brani ‘scatena-pogo’ - merito forse della registrazione effettuata ai “Fear studio” di Alfonsine (RA), curata dall’esperto Paso, da considerare ormai lo ‘Steve Albini’ italiano in materia.
In quest’album, infatti, vengono meno le asperità hard per dare (inconsapevolmente?) spazio a fraseggi chitarristici più distensivi e non necessariamente ‘pop’ ma di certo più accessibili. Sotto quest’aspetto, però, il merito è da attribuire a David Lenci e Andreas Venetis, responsabili dei missaggi presso i ‘RedHouse studios’ di Senigallia, che hanno saputo trovare le giuste chiavi per rendere i suoni dell’intero lavoro meno cupi e, va da sé, più internazionali.
Non sappiamo, quindi, se le canzoni dei Nostri abbiano già giovato dal vivo del trattamento ricevuto in studio, ma ascoltando “Why do i go on following it?”, “The sea goes in the sky”, “Surf rebel” e “Ground in my hands” ci auguriamo che sappiano sorprenderci allo stesso modo.
Comunque vada, un gran disco, da segnalare fra le produzioni migliori uscite di recente.
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La recensione Play with kites di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-02-21 00:00:00
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