Complicato e tortuoso il percorso necessario per trovare le parole con cui raccontare l'ultima visione dei Madrigali Magri, formazione dall'Arte sfuggente e inaccesibile, ma capace di esplodere con cristallino furore, raggiungendo anche chi aveva ormai perso la speranza di capirla. Una rabbiosa libertà espressiva confinata in paesaggi sonori desolati e impossibili, eppure ricoperti di un sottile velo romantico.
I Madrigali Magri fraseggiano con le note fino a trasformarle in una rappresentazione di teatro d'avanguardia. Suoni adatti alla colonna sonora di un film sperimentale in bianco e nero, girato in prima persona tra stanze vuote senza personaggi, soffocanti fabbriche abbandonate e stralunate pianure lunari.
Free-jazz nervoso e destrutturato che si arrampica sul rumore fino a raggiungerne l'essenza più silenziosa, pur senza riuscire a nascondere il lamento di strutture rock che, a stento, riescono ancora a trovare impercettibili spazi vitali.
Improvvisazione ragionata e instabile. Nevrosi strumentali dal battito infinitamente rallentato. Lievi arpeggi di chitarre dissonanti, sospese in effusioni ritmiche scarne e primordiali. Sussurri esistenziali e parole appena percettibili. La melodia sopravvive solo in spazi ermetici e definiti nell'arco di un istante, il resto è espressione impassibile e senza concessione alcuna al compromesso.
Un album cupo e cristallizzato nell'angoscia, dotato di una personalità sfuggente e malata, capace di insinuarsi con sensualità nelle crepe emotive più nascoste.
Difficile, certo.
Capolavoro, forse.
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La recensione Malacarne di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-02-22 00:00:00
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