"La Metà Fuori", LP autoprodotto della band new wave Favole Nere, è un album dalla sapiente tessitura musicale. Il sound che fuoriesce dalle casse è un crossover di new wave dello scorso secolo dalle moderne tinte indie-rock.
Abbiamo tra le mani un album estremamente denso, forse anche troppo, che urla contemporaneamente decine di metafore diverse, in altrettante lingue differenti. Mi spiego meglio.
I testi ricoprono una parte importante di questo lavoro e si legge subito la dedizione nella stesura. Bisogna altresì ammettere che i versi non sono di facile comprensione, anzi, la loro cripticità, se da un lato sottolinea ed arricchisce sorprendentemente le atmosfere gotico/romantiche dell'album, tavolta risulta un po' faziosa. Lo è anche il fatto che i versi non rientrino sempre con agilità nei ranghi della metrica: alcuni di questi sono un po' forzati. Ciò nonostante questo loro terzo album denota un crescendo espositivo non da poco, e si potrebbe dire che ai Favole Nere è spuntata la barba, sono maturi. Ora si tratta solo di rifinirla.
Le due voci (maschile e femminile) si annodano e dialogano in maniera suggestiva, una narrazione misteriosa e rituale: un mantra.
L'abbraccio freddo dell'industrial è il metodo giusto per comunicare quello che i Favole Nere costringono dentro le proprie strofe, disagi interiori mescolati agli strascichi della malinconia. La musica, finalmente, parla.
Tutto, dalle percussioni agli archi passando per i synth, opera in funzione della sopracitata atmosfera romantica (nel senso letterale del termine), una missione in cui la band riesce a pieni voti. Comunicare un sentimento non è mai facile, i Favole Nere, nonostante qualche pecca, riescono a dovere nell'intento.
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