Per quanto, iconograficamente parlando, i manichini - insieme alle marionette - abbiano spopolato nell'immaginario musicale di un recente passato (soprattutto nel filone new wave/new romantic), incarnando meglio di altre figure stati d'animo poco concilianti quali tristezza, anemia emotiva e auto-isolamento, gli Oniric vedono bene di fregarsene e ne spiattellano una coppia in tenero abbraccio sulla copertina del loro secondo album, "Mannequins" appunto.
Alla scarsa originalità grafica, però, corrisponde una proposta musicale per nulla scontata e convenzionale, per quanto incentrata sulla personalizzazione di pregresse esperienze orchestrali che fanno spola tra cinematografiche malinconie di scuola Yann Tiersen, oscure atmosfere neofolk, fluttuazioni dream pop e cabarettistiche voglie retrò.
Carlo De Filippo e Gianpiero Timbro mettono a completo servizio della gran bella voce di Simona Giusti tutto l'armamentario del caso - carico di carillon, archi, campanelli, fisarmoniche, pianoforte e chitarre ornamentali - per allestire un cangiante affresco dalle tinte autunnali che fa della chiaroscurale teatralità il suo punto di forza: non vi stupisca pertanto d'imbattervi di punto in bianco negli Stars umorali di "Tomorrow the sorrow" dopo aver assaggiato con "Mannequin" e "12Lune" le suggestioni antiche del già citato Tiersen, né vi sorprenda di saltellare dagli Spiritual Front di "Nirvana (You make me sick)" ai Lacrimosa più funerei di "Requiem for a soldier" e neanche d'imparentare le Dresden Dolls di "Little James" e "Macabre History" con le Corde Oblique più stradaiole di "Sensazioni".
Un'opera seconda ben scritta, ben suonata e ben prodotta, che trasforma in ossigeno sonoro ciò che invece sarebbe potuto diventare solo sterile citazionismo.
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