Vedi alla voce: figate da esportazione.
Correva l'estate del 2011 quando, alla fine del concerto degli Arcade Fire, un mio amico mi fa, con gli occhi a cuoricino: “Li amo anche perché non sono un gruppo “figo””. Va da sé che a lui non è piaciuto "Reflektor", ovvero il disco con cui gli Arcade Fire hanno abbracciato la causa della “figaggine”, che nel caso specifico ha un nome – James – un cognome – Murphy – e un aggettivo – Groovy. Perché sto parlando degli Arcade Fire? Perché la prima cosa che ho pensato mentre mi partiva subitaneo il su e giù con la testa e col piede sui beat di “Knives Party” è stata: questo va dritto nella cartella Cose Fighe 2013 insieme a "Reflektor", appunto, e ad altre figoserie da festa tipo Daft Punk, CHVRCHES, M+A, DID... Bastano veramente due secondi (anzi a pensarci meglio potrebbe bastare anche la copertina. Molto cool) a convincersi che quella è la cartella giusta in cui conservare l'album: il tempo che serve a capire che “On My Shoulders” è una bomba di coralità percussiva, incalzante, epica, voglio sentirla dal vivo in un posto grande. Difficile mantenere il passo dopo un inizio così, ma i due riescono mirabilmente a procedere senza tentennamenti e cedimenti e a farci godere di una mezz'ora di sorprendente (ma nemmeno tanto: che erano bravi ce n'eravamo già accorti al primo disco) solidità indie-pop-funk-elettro-disco. “Hold on” si muove con classe tra sonorità evocative e oscure e coretti black, “How I Miss You” è un catchyssimo scuotianca alla Friendly Fires, “Set it up” martella percussioni e piano in schizzati attacchi di furia danzereccia. “She” indossa senza imbarazzi un ritornello da momento su-le-mani-all-together in discoteca, mentre la superba “Lovers” incontra gli XX ed esplora territori dream-pop. Con “Life in a loop” tornano a ruotare le mirrorball, e poi arriva l'ultima perla (nera), “Black Monday”, barocco – anche nell'interpretazione vocale – cadenzato crescendo un po' wave un po' world un po' (tanto) (e dichiaratamente) St. Vincent.
Devo riformulare: voglio sentirle tutte dal vivo in un posto grande. Perché questo è un disco che avrebbe bisogno di spazio, per essere ballato e cantato e sudato al meglio, per far vedere quant'è grande (chissà se gli Arcade Fire hanno già i supporter per quest'estate).
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La recensione Knives Party di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-12-16 00:00:00
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