I C.S.I. non esistono più…
Il 29 giugno 2001, nel parco storico di Montesole, tutto cambia. Giovanni, Giorgio, Francesco, Ginevra e Gianni dividono nuovamente il palco. Si odono i primi crepitii di un nuovo percorso comune.
Uno spettacolo della memoria, per la memoria. Uno strenue omaggio a Don Dosetti (“Il monaco ubbidiente”) e alle vittime di Marzabotto. Un ringraziamento per aver vissuto solo una parte del secolo appena trascorso. Un segno di gratitudine per non aver provato gli orrori della guerra, del fascismo, della povertà.
Una serata che si riempie di ansia e di passione, di fragore e di quiete, di melodia e di rumore. Le parole fluiscono lievi tracciando tetri scenari che odorano di morte e nitidi paesaggi intrisi di gioia di vivere.
“Contro la mitraglia correre….” “…dividere gli uomini dalle donne”.
L’emozione è palpabile e scorre tra i suggestivi anfratti di brani come “Guardali negli occhi”, “Spio nella notte” e “1/365°”.
“Dov’è il buon Dio?” “Dov’è dunque Dio?” “Ecco è lì appeso a quella forca”.
I suoni assumono tratti apocalittici. Un vortice di tensione abbraccia i solenni versi di “La notte” (lettura tratta dall’omonima opera di Elie Wiesel) “Venicreator spiritus” e “Uomini donne e bambini”.
“La città trema livida trema”… “La città trema come creatura”.
Il languido suono del pianoforte traccia la strada, sfumando la drammaticità delle canzoni. Le taglienti parole di “Cupe vampe”, “Unità di produzione”, “Linea gotica” stridono graffiando note lievi e delicate. Gli applausi deflagrano fragorosi esprimendo la volontà di essere parte integrante dell’opera.
“Morire”, Madre”: il passato riaffiora evocando vibranti scosse emotive….
“Spio nella notte ciò che si farà aurora”. I semi iniziano a gremogliare…
“Quando ho proposto a Ferretti di lavorare a “Montesole” mi ha manifestato molte perplessità al riguardo, ma appena finito di ascoltare le prime tre canzoni mixate, coi lucciconi agli occhi mi ha detto: questo è il disco più bello ed estremo che abbiamo mai fatto” (Gianni Maroccolo)
Non scalfiamo ulteriormente la sacralità dell’evento.
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