Ricordo i Yokoano per un disco d'esordio davvero notevole, che ben faceva sperare per il futuro. Questa nuovo però mi lascia perplessa: innanzitutto la forma-canzone è sempre portata al limite, con i ritornelli tiratissimi e la voce che non cede alle lusinghe del bel canto, ma a furia di urlare dopo qualche pezzo inizia a diventare difficile da digerire. Mettiamoci anche una impressionante somiglianza col timbro di Capossela (evidente soprattutto nell'intro “D.B.”), sembra di sentire Vinicio alle prese con le linee melodiche de Le Vibrazioni, impressione che ritorna anche nella tarantella in salsa cross over “Taglio”. Capirete che l'effetto è quanto meno straniante.
Sul versante musicale c'è una grande coerenza a livello di timbri e di sound generale, fatto positivo e che caratterizza fortemente lo stile dei Yokoano, un solido rock dalle ritmiche quadrate, con una sezione ritmica molto efficace e un interplay invidiabile. Unica pecca: poco vario, anche quando si cercano soluzioni più vicine al progressive-metal di tooliana memoria alleggerite da lunghi inserti post-rock, come ne “Il canto”.
Potrà sembrare un azzardo, ma il problema di questo disco è proprio l'eccessiva spinta, che non lascia fiato per ben 45 minuti, rendendo il tutto un unico blocco di cemento invalicabile, talmente compatto da provocare nell'ascoltatore l'impressione di non poterci mai davvero penetrare, come se nessuna di queste canzoni possa appartenerci veramente.
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