Jacopo Falchi Danza nel Ventre 2013 - Cantautoriale, Pop, Etnico

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In principio furono i Bonacrianza. Ora Jacopo Falchi se la vede con avvocati, ferrovieri e drittoni.

Dai Bonacrianza a Paolo Conte. Dalla militanza in una band felicemente cazzara e dotata di tendenze pestone al primo lavoro da solista, con tanto di dedica all’avocato di Asti. Ma anche al ferroviere di Cuneo e al dritto di Torino. Jacopo Falchi e il suo pianoforte girano dalle parti di una musicalità senza tempo, in equilibrio tra jazz, un pizzico di blues e accelerazioni swing. Canzoni scoppiettanti (“Night club”) e altre più raccolte (l’opener “Mille stelline”), che l’autore porta a vagare tra oscuri tabarin in notti senza tempo, frequentati da pittori e artisti in licenza premio, viveur con licenza di azzannare e amanti che si prendono e si lasciano. La voce del musicista umbro è nodosa (fumosa?) e teatrale (valgano come esempi due pezzi come “Perandèndu” o “Barracuda”), uno spasso sentirla incrociare i vocalizzi strambi di Pinuccio Blasi (a proposito, sarebbe interessante conoscere la sua storia) in “Adulcorata” e dominare i dodici episodi di “Danza nel ventre”. Un album arricchito da trombe e dal suono di una marimba, da chitarre con echi di Mark Ribot, fisarmoniche che sanno di Francia e contrabbassi caldi. La personalità di chi ha scritto e arrangiato è evidente, al di là degli indubbi richiami di cui sopra, e poi c’è una forza compositiva che non può lasciare indifferenti: brani come “Lazzi e frizzi” non possono nascere e crescere per caso, accettiamoli pure come segni tangibili di un talento da preservare.

E anche quando il Falchi vira verso posizioni più pop, o comunque maggiormente accessibili e meno ingombranti (è il caso di “Menca” o di “Vlad”, dove suona anche un violino), il risultato forse non è lo stesso ma rimane comunque apprezzabile. Già, a liquidarlo con un bravo ci si limita a rimanere nel campo del minimo sindacale.

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La recensione Danza nel Ventre di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-04-11 00:00:00

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