Prendete l’hard rock in stile AC/DC. Togliete le voci aggressive, il blues funambolico dei soli di Angus Young, le sfuriate ritmiche. Poi condite con testi in idioma italico, fatti perlopiù di rime baciate, che coprono l’arco fra le invocazioni alla galera per i politici e le dichiarazioni d’amore del tipo di “siamo due pizze nella stessa chiappa“, passando per “sei amico di tutti/sei amico di Totti”.
Quello che ne risulta, l’hard rock/blues ingenuo ed un po’ innocuo dei “Grossa Grana”, personalmente non mi convince. Non sono neanche tanto i riff o le melodie già sentite, qualche chorus azzeccato c’è: “Rigetto”, uno dei due pezzi a salvarsi senza troppa difficoltà. E' che nel cantato a momenti piatto e quasi sempre “poco rock”, negli assoli raramente incisivi, nelle liriche banalotte, mancano quella verve e quella grinta senza la quale un disco del genere annoia facilmente.
In effetti verso la fine i quattro provano a cambiare un po’ le carte in tavola: spuntano un paio di ballad, qualche passaggio un po’ più ricercato e ricco, ma siamo dalle parti di un pop/rock mainstream italiano senza infamia e senza lode. Qualche segnale per uno sviluppo futuro forse salta fuori da “Boia”, che rispetto agli altri brani ha una tavolozza di suoni leggermente più estesa e una manciata di cattiveria in più che va a finire in una parte strumentale strutturata e soddisfacente. Insomma, di lavoro da fare ce n’è, ma anche qualcosa su cui lavorare.
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