Sposare rock e cantautorato non è facile. Per rendere piacevole l'incontro tra parole profonde e chitarre elettriche ci vuole innanzitutto uno stile riconoscibile e personale. Giovanni Marinelli, qui al suo secondo lavoro con "Oniria", prova a far funzionare le nozze. Nelle sue canzoni racconta scenari di caos, amori e timori di una generazione ("Confusione", "Paura di Che", "La mia Storia", "Un Attimo"). Dà il meglio in ballate come "Cielo e Polvere" e "Livide Bugie" ma hanno un buon piglio anche "Il Giardino del Mondo" e "Panta Rei". Gli arrangiamenti, abbastanza rock, sono caratterizzati dalla batteria tirata e dalle chitarre che dominano le parti strumentali delle tracce con assoli messi ben in evidenza. I testi sono, a tratti, ingenui su melodie anche orecchiabili. Forse è necessario limare maggiormente l'incastro delle parole e scegliere una strada precisa riguardo al genere scelto, con questo tipo di ibrido si rischia di deludere sia chi desidera suoni duri, sia chi ama seguire i linguaggi più ricercati. Non è facile sposare le due cose, s'è detto. Aspetto il prossimo disco.
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