Post rock ed energia, delicatezza e robe forti. Complimenti
Parole. Parole aspettate, sperate, mai dette. Parole arrabbiate, dispiaciute, nostalgiche. Le parole sono importanti: in un solo istante possono cambiarti, e cambiare il corso di una giornata, rendendola unica, oppure rovinandola. Sono notevoli, belle o brutte che siano, e esercitano un potere non irrilevante. Ma le parole non sono tutto: c'è vita oltre di esse. Nell'Amore un silenzio vale più di un discorso, nella musica ci sono canzoni in cui i protagonisti sono gli strumenti con le loro melodie, anime che si incontrano ed esprimono sentimenti, permettendo all'ascoltatore di essere un tutt'uno con la Musica, plasmandosi con essa, appartenendole. A volte le parole non servono, sono superflue.
Pare che i Farglow siano di questa filosofia: quattro ragazzi di Verona alle prese con nove brani che compongono il loro disco d'esordio, lo strumentale “Meteors Remotes”, scatola di mille emozioni. Per poter apprezzare a pieno il tutto sdraiatevi per terra, sul vostro letto, oppure su un prato, chiudete gli occhi, rilassatevi, liberate la mente. Lasciatevi abbracciare e cullare dalla Musica per quarantacinque minuti di rock sfumato, post rock, ambient. In apertura “Behavioral Therapy”, traccia con più tracce all'interno, perché esordisce con tonalità più cupe e serie per poi evolvere in orizzonti ampi, sincopati e imprevedibili, inzuppati in un po' di elettronica. Segue senza distacco “Death”, carica di chitarre, bassi, ma soprattutto di una batteria instancabile che spicca il volo e non si ferma più, colma di energia felice. “Playground” si presenta con una deliziosa ballata di chitarra acustica, malinconica e tranquilla allo stesso tempo che, improvvisamente, si sveglia e comincia a danzare nell'atmosfera candida che si è creata.
Ai Farglow piace molto giocare con le sfumature e con i tempi, trasformare i ritmi senza preavviso, cambiare marcia divertendosi: dalla prima alla terza, poi seconda e direttamente quinta, inchiodando agli autovelox, passando col rosso ai semafori. E' quello che succede anche in “Super Red Carpet”: i primi secondi sono caldi, quieti e morbidi, bolle di sapone sospese nell'aria, che scoppiano e fanno partire un turbine di suoni scoppiettanti con un climax pauroso. “Cob Swan Race” è in pieno stile post rock con molte sfaccettature tempistiche veloci che si dilatano dolcemente in “Type 'n' Speak” - fosse estate, guarderei il tramonto con questo brano in sottofondo, che ha le carte in regola per creare un'atmosfera sognante. I cinque minuti di “Talking about Beatles” sono perfetti e fatati, e si concludono con un coro di voci trasfigurato in uno strumento aggiuntivo. Con “Vers le Ciel” ha inizio un giro sulle montagne russe dell'adrenalina, esplode in un corpo di suoni che racchiude tutti gli strumenti e si distende sull'affascinante “Radio Ganymede”, con il suo piano che apre le danze e le chiude, con un tocco, accompagnato dal resto del corpo musicale. La corsa è giunta al suo termine.
Ora, aprite gli occhi: vi sentite meglio, non è vero? Semplicemente perché la bella musica fa bene alla salute. Ringraziate i Farglow, che sembrano aver imboccato la strada giusta, elaborando un proprio stile che viene sviluppato curando nel dettaglio ogni minima canzone e la sua singola identità, cambiando, mantenendo una certa concentrazione. Io sono fiduciosa, e dico che bisogna tenerli d'occhio, questi Farglow, perché non possono che fare ancora di meglio – e lo faranno.
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La recensione Meteors Remotes di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-01-22 00:00:00
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