Una manciata di brani buoni ma non esaltanti e tanti spunti su cui lavorare per i Corni Petar
“Novantasei” dei Corni Petar è un disco in potenza, ma non totalmente centrato. Dietro una copertina decisamente interessante, affascinante nel suo forte contrasto di rosso e bianco e nero, con un immaginario forte e visionario, il disco non soddisfa le aspettative, a causa fondamentalmente di una piattezza e scarsa originalità dei timbri e dei testi, talmente evidente da far passare in secondo piano anche quelli che invece potrebbero essere i punti di forza della band, ovvero la capacità di servirsi di arrangiamenti classici ma solidi, e una buona scrittura di melodie, che rendono le canzoni comunque godibili e orecchiabili.
Prendiamo per esempio l'ultima traccia, “Novantasei”: anche se il basso è manchevole nel sostenere la sezione ritmica francamente deboluccia e il ritornello tarda troppo ad arrivare, quando finalmente arriva (con il clapping che rimpolpa un minimo il tessuto ritmico) quel “Se avessi il sangue freddo lo rifarei / come l'estate del '96” si stampa in testa assolvendo proprio alla funzione che nel pop-rock il ritornello dovrebbe avere, cioè quello di far ricordare la canzone. Stesso discorso per l'apertura “Estate”, che nel tirare troppo la voce nelle strofe è a rischio Modà dietro ogni nota, ma ancora una volta si giova di un ritornello molto efficace. Il brano più riuscito è probabilmente “Niente da fare”, dove le strofe e il ritornello si equivalgono quanto a orecchiabilità, viene sfruttata appieno la forma-canzone, e le chitarre hanno un sound più delicato. Nel mezzo, i brani scorrono tutti alla stessa maniera, mantenendo il disco su un binario continuo, senza grossi spostamenti tellurici.
“Novantasei” si lascia ascoltare, senza annoiare ma anche senza coinvolgere più di tanto. Eppure, visto che non tutto è da buttare, basterebbe anche solo svecchiare un po' i timbri. Unico momento veramente imperdonabile, la cover di “Via del campo” di De Andrè, riarrangiata in versione rockaccio, vagamente dissonante, urlata nel finale: si perde tutta l'essenzialità del sound originario, il coraggio, e ovviamente anche la poesia.
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La recensione NOVANTASEI di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-01-20 00:00:00
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