“Tutto il giardino è una luce soffusa / che rischiara la sera / ed è altresì un accordo / in mezzo al tumulo circostante. Quel leggiadro orticello è un dì di festa / nell’eternità della terra” (Jorge Luis Borges, 1922)
Entrare nel giardino di Cristina Donà significa lasciare alle spalle un viale alberato percosso da folate di vento freddo e voli di corvi. Sedersi placidamente su un prato e osservare fiori colorati, farfalle e luccicanti zampilli di idromele. Guardare un’esile fata, danzare, sinuosa e regale.
Essere percossi da carezze sonore: archi, chitarre e percussioni che si incrociano lievemente. Ascoltare un morbida voce che disegna sulle nuvole dolci parole: “Ho riempito d’oro il mattino / perché tu vedessi la mia luce sul tuo cammino, che ti guiderà”.
Assaporare frutti succosi e nutrienti.
Perdere lo sguardo tra le stelle e vedere nella luna il riflesso delle onde del mare. Distendersi tra i tasti di un vecchio pianoforte per poi volare tra le note di un ammaliante violino.
Raccogliere collane di perle con cui ornare i momenti più significativi delle vita. Tuffarsi nella propria anima e nuotare fino a restare senza fiato.
Chiudere gli occhi ed ascoltare lievi versi (“Mentre il Sole svanisce e l’ombra disegna il tuo profilo”) accarezzare le proprie corde emotive.
Entrare nel giardino si Cristina Donà significa trovare rifugio in un’oasi sicura.
Aspettare che smetta di piovere per cercare ai piedi di un arcobaleno un nuovo scrigno da aprire….
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