A poco più di un anno di distanza dal debutto, tornano i campani The Bidons, con un secondo disco che la copertina preannuncia ruspante e l'ascolto tutto fa tranne che smentire. Dieci brani (più uno) di due o tre minuti al massimo, il piglio è, come nel precedente, selvaggiamente garage/protopunk, con una sola piccola concessione (l'armonica di "Back to the roost" e "Damn!") alla benvenuta ortodossia di basso chitarre batteria.
Lampi di Detroit sound ("Psychotic direction", "Damn!"), con puntate in Australia ("Grinning feeling") e nei party più selvaggi della New York anni Sessanta ("Get ready!"), un riff o due ("(Shout it out) Burn down!") trafugati qui e là, ma in fondo chisseneimporta, anche questo fa parte del genere.
Rispetto al disco precedente il suono della formazione campana è cresciuto in modo esponenziale, grazie anche al sapiente lavoro di Ferdinando Farro in studio: abbiamo di fronte un combo compatto, con tutte le distorsioni al posto giusto, la batteria e il basso che martellano senza sosta, la voce ben dentro il mix e perfettamente calata nel ruolo. Ovviamente, per poter rispondere adeguatamente allo shout dei Bidons, il suggerimento è di ascoltare il disco a volume alto, molto alto. E alla prima occasione possibile rispondervi anche dal vivo.
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