Ascoltando Fadà mi trovo da subito perplessa per svariati motivi: oltre al problema vocale (sembra che l'artista voglia ostentare una voce non naturale, trascinata ed annoiata) mi trovo di fronte a brani che stancano subito, ripetitivi, soluzioni buttate lì a casaccio che non riesci a spiegarti il perchè. L’artwork della copertina poi è terribile, quindi si parte già prevenuti, ma se poi ci sommiamo anche il fatto che niente sembra avere un senso, il problema si fa serio.
Il blues wanna-be della opener “Ammore” è un tre minuti circa di ritmiche piatte, intervallate brevemente da un assolo di chitarra che, se usato più sapientemente, avrebbe potuto alzare un minimo l’asticella. Se, appunto. La batteria iniziale di “Dancer” per un attimo prometteva bene, ma mi è andata male di nuovo; il sound è, anche qui, monotono, senza nessuno sbalzo o picco di energia. “El Caballero De La Noche” niente di nuovo, si continua a viaggiare sulla linea della monotonia e nemmeno i ritmi spagnoleggianti di “Golem”, arricchiti qua e là dagli archi e con quel pianoforte saltellante, riescono a svoltare la situazione, così come per le atmosfere latine e la marimba appena accennata di “Mustafà”. Si tenta anche di rappare (per così dire) liriche come “con i beat sono un freak sento il click del tuo mouse” in “Anonymous” e, a questo punto, credo di non farcela davvero più; il tutto si chiude con il reprise della opener, “Ammore (Carillon Version”) che è la solita zuppa dell'originale, ma al suono di carillon.
In "Dancer" ci sono troppe cose che vanno riprese e limate, stravolte e migliorate. C’è bisogno di ripartire da capo e capire cosa è salvabile di questo lavoro e cosa invece è da cestinare completamente. Per adesso non trovo niente che svetti o che mi colpisca in positivo, per me questo disco è rimandato.
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