Girl with the gun
Ages 2013 - Pop

Ages

E' uno di quei lavori dotati del rarissimo senso della misura, una cosa da apprezzare e custodire sullo scaffale dei dischi più preziosi.

“Ages” inizia con un’arpa eterea e delicatissima, uno di quei suoni che da bambini si imparava ad associare all’inizio di una fiaba: una voce prende a raccontare una storia stendendosi languida su questi zampilli di suono liquido, e dopo appena due frasi salgono da terra dei synth che si ergono maestosi come altissime pareti d’edera su un giardino all’ombra. Ecco, questa è l’immagine con la quale i Girl With The Gun accolgono gli ascoltatori dopo una pausa di cinque anni.

Un’attesa lunghissima, che se non altro è stata d’ispirazione per il titolo di questo ritorno molto desiderato. Non che i Girl With the Gun siano stati con le mani in mano, intendiamoci: la band, divisa tra Lecce e Londra, ha continuato per mesi a rimbalzarsi beat e tracce di voce, nuove idee e suoni di cui si erano innamorati. Solo che non hanno avuto nessuna fretta di stare al passo con le leggi dell’hype, e hanno fatto bene. Non riesco a pensare ad un inizio migliore di "Only Twice" con le sue arpe rampicanti, ma è uno di quegli invaghimenti che cede presto l’attenzione al pezzo successivo, e a quello dopo ancora, fino alla fine; tutte le canzoni sono potenziali singoli, e tutte brillano di un equilibrio molto preciso tra un pop moderno ed elettronico e uno spirito quasi antico.

Prendiamo "Hold On for Cues", la seconda traccia: i campioni di Populous fanno da tappeto ad una melodia rallentata in cui la voce di Matilde De Rubertis (già cantante degli Studiodavoli nonché produttrice del disco nonché voce tra le più belle d’Italia) si incastra tra i fili ripetuti fino a creare un pattern di suoni assieme geometrici e sensuali, qualcosa di molto simile a certe atmosfere stellari di casa Stereolab, che sono evidenti e bellissime in pezzi trascinanti come "Hover". Altre canzoni (come la doppietta "Kids" e "At All", ad esempio) distendono un cielo sereno in cui gli arpeggi di chitarra agganciano i respiri, e la batteria corposa di Andrea Rizzo puntella uno di quei pezzi che in fin dei conti vorresti davvero aver scritto tu.

A metà tra folk, pop ed elettronica, “Ages” è uno di quei lavori dotati del rarissimo senso della misura, una cosa da apprezzare e custodire sullo scaffale dei dischi più preziosi.

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