Gianluca Maria Sorace si presenta come un joker futuribile nella copertina di questo cd-r. Ed in effetti, a nome Hollowblue, egli pubblica una sorta di progetto jolly - parallelo e complementare all'attività dei Tangomarziano di Livorno. Il progetto - esito naturale della lunga frequentazione del Syd Barrett solista - è semplice; si tratta di costruire delle canzoni scarne e minimaliste con un paio di chitarre, una voce e qualche tastierina giocattolo, senza che preoccupazioni tecniche compromettano l'immediatezza del risultato. Ma la natura di side-project non tragga in inganno: se infatti si tratta di canzoni suonate e composte in solitudine, registrate con una strumentazione lo-fi limitata all'essenziale, il risultato è tuttavia pieno d’eleganza e fascino.
Si inizia con l'atmosfera tesa di "He comes for you" dove già sono tracciate le coordinate generali del lavoro di Sorace: su una chitarra acustica tambureggiante nasce una ballata psichedelica raffinata e sospesa, lievemente venata d’angoscia. La vera perla è forse “Baker” dove già nel titolo è denunciata l'influenza del trombettista eroinomane: due chitarre riverberate ed uno xilofono si intrecciano jazzando con felice approssimazione mentre una voce suadente parla di «sogni che muoiono intaccati dal tempo». Questa canzone assieme a "Pearled smiles" che si presenta con tonalità lisergico-melanconiche, costituiscono il centro effettivo del lavoro - mentre "Angled forms" introduce elettronica giocattolo a chiudere, con atmosfere finalmente meno depresse. Nella quinta traccia è infine riproposta "He comes for you" in una versione dal vivo decisamente nervosa - forse anche più emozionante dell'originale.
Va detto che l'uso dell'italiano potrebbe rendere più appetibile queste canzoni ad un pubblico di non-barrettiani non-nickdrakiani: perché questi, si sa, sono una piccola ramificazione della vasta casta rock-snob, tendono quindi a custodire i propri culti come dei templari - mentre non immaginano a volte che queste canzoni potrebbero piacere pure a mia zia e a mia sorella. Ed è forse questo il caso di Hollowblue, che si presenta decisamente come un progetto raffinato ed intelligente, ma allo stesso tempo dotato di un’insospettabile immediatezza. Poco preoccupato di darsi troppe arie, il cantautorato di Gianluca Maria, pur essendo riflessivo e melanconico, non ci rattrista per nulla.
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La recensione s/t di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-03-31 00:00:00
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