Cods Sperochettùstia 2003 - Alternativo, Acustico

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Congedatasi dalle scene la gloriosa Beware!, sembra che i gruppi nati e cresciuti sotto l’ala protettiva della piccola label ligure stiano (giustamente!) trovando i propri spazi autonomi all’interno di una scena underground sempre più affollata ma altrettanto ingenerosa nell’offrire proposte qualitativamente valide. E se fra i ‘profughi’ i primi ad essere baciati da un minimo di consenso sono stati i Perturbazione - seguiti a ruota dai concittadini Gatto Ciliegia contro Il Grande Freddo - tocca adesso ai Cods rispuntare sulla nostra scrivania grazie proprio agli amici Gatto Ciliegia, i quali hanno pensato bene di fondare una personale etichetta che prende il nome di Mexicat records.

Succede così che questa nuova entità discografica licenzia la seconda opera di Christian Alati e soci, che già avevano fatto bene (anzi benissimo per il sottoscritto) ai tempi dell’esordio omonimo del 2001 e che adesso tornano con 12 pregiatissime canzoni, incentrate principalmente sui suoni acustici e, soprattutto, sulla riscoperta di certe atmosfere folk-cantautorali tipiche della tradizione italiana. Potrebbe quindi sembrare che in qualche modo il terzetto si stia allontanando da quei modelli che lo avevano ispirato in principio; più che altro, invece, sembra chiaro il tentativo di intraprendere un percorso palesemente personale che, al di là della varie affinità riscontrate, dimostra le capacità e l’eclettismo della band.

Si presti infatti attenzione alla cura che i ragazzi dedicano agli arrangiamenti, alla ricchezza strumentale di tutta l’opera che mai diventa sinonimo di prolissità; certo, non è un disco pervaso da ritornelli canticchiabili e di ‘facile presa’, ma è indubbio che ci mostra una formazione che fa della profondità una delle sue caratteristiche principali.

Il tutto condito da un mixaggio che ci sembra perfetto per i risultati da ottenere e da lodare se paragonato ai pochi mezzi a disposizione. Perché, ad esempio, è un piacere sentire violoncello, trombone e contrabasso dialogare durante “Gatta” e “Giulia” senza mai accavallarsi, oppure l’acustica di “Chimera” (impreziosità dal suono del clarinetto) o il lo-fi ritmico di “Oredieci”. Ma in realtà non c’è solo questo in “Spérochettùstia”, ma moltissime altre sfumature sonore che sarebbe riduttivo classificarle in una recensione.

Potreste innamorarvi - e ve lo auguro -, al punto tale da costringervi a ripetuti passaggi sul vostro lettore cd. La pratica, ovviamente, è caldamente consigliata dal sottoscritto.

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La recensione Sperochettùstia di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-04-02 00:00:00

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