Intrigante rock cantautorale, intimo ed elettronico
"Ladynutella" ha una linea di basso ossessiva che traghetta i pensieri tra le onde increspate di chitarra elettrica e batteria. All'improvviso tutto si ferma: "Stupidi i tuoi Dei…" e sono tuoni, fulmini e carezze. Le strofe cantate giocano un ruolo minimale rispetto alla parte strumentale che domina una scena di 6 minuti. E' una canzone di sentimenti feriti per aprire l'EP e fluttuare verso la seconda traccia.
Benvenuto amore ne "La fiera delle ovvietà" tra ritmi di bassi, bacchettate metalliche, arpeggi di chitarra, una voce androgina e ferrosa che per 8 minuti sputa frammenti taglienti di società contemporanea: compromessi con la coscienza, distorsioni, vendette, rivoluzioni composte in fila per tre e sforzi per mantenere l'anima "intatta, candida e sicura". Il verso ripetuto nel finale "Ho visto stelle buone" fa pensare inevitabilmente a "Stelle buone" di Cristina Donà ("Ho visto stelle buone sulla tua pelle…") ma l'accostamento finisce lì e forse è casuale o freudiano.
"Nives" è una preghiera di attese, delusioni e cose non dette, urlata a una donna capace di farti sentire infedele, di alimentare i tuoi dubbi, di non dirti un semplice fottuto ti voglio bene. E' il pezzo più diretto, meno ermetico, e anche lui non rinuncia a 5 minuti e mezzo abbondanti di musica densa. L'arrangiamento attraversa ciclicamente almeno tre "stati d'animo" diversi: dal lento al forte passando per momenti più pop.
"Canzone di mezzanotte" è la buonanotte finale di baci, sogni e follie: una dolce ballata di pensieri alla finestra con la Luna sul cuscino mentre fuori è buio e l'insonnia va a braccetto con incubi e crimini. Rintocchi di chitarra sul finire del giorno, la ninna nanna del vento elettronico, 4 minuti, giusto il tempo di chiudere gli occhi.
La band di Caltanissetta fa un sapiente uso di chitarre, sintetizzatori, basso, batteria e suoni sintetici creando un rock cantautorale attualissimo, capace di catturare chi ascolta. Le canzoni sono lunghe, strutturate e dense ma mai pesanti: scivolano e trasmettono. Ottima la voce, particolare e accattivante. I testi sono intriganti, brevi e ad effetto. Forse l'ascolto delle quattro tracce, in alcuni punti, può portare a pensare a gruppi come Afterhours e Negramaro ma in realtà i Viola Sinapsi hanno già una loro personalità precisa, uno stile forte, una cura nella produzione (seppure casalinga) da gran professionisti. Sono sulla strada giusta eccome e quindi bisogna tenerli d'occhio.
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La recensione Rivoluzioni composte di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-06-17 00:00:00
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