Mi sento confuso. Non so cosa avrei dovuto aspettarmi da questo disco. Ma di sicuro mi ha confuso. Bardo, cantautore romano, si ispira alla factory, ai suoi musicisti e ai loro guizzi artistitici folli e geniali. Il titolo stesso dell'album è una italianizzazione di una famosa canzone dei Velvet Underground.
All'interno del disco alterna pezzi pop, con rischiose complicazioni, tipo assomigliare a Ligabue nella prima canzone "Sono Diverso (suono diverso)" che di diverso ha ben poco, a pezzi originali e ben arrangiati come "Venere sul cuscino". Ti sorprende, sopratutto melodicamente, intraprendendo dei percorsi di certo non usuali, il tentativo di mantenerli semplici e lineari sfuma spesso in un lasciarsi andare anarchico, un po' indeciso. "Invito a cena sulla luna" mi ricorda la sigla di Ken il Guerriero. Non so, continuo ad essere confuso. Di certo so solo che il cantato è strano, non dei più adatti a quella voce bassa e potente, che a volte sembra addirittura stonata. Musicalmente invece i pezzi sono tutti diversi, nemmeno con brutte idee, alcuni spunti sono veramente validi, ma l'effetto generale che danno è straniante. Tanto pop, tanto indie pop, anche nei testi, semplici all'inverosimile.
Lo so, mi sono ripetuto troppe volte, si è capito che sono confuso?
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