I chiaroscuri di un pianoforte per raccontare, con leggerezza, arcane malinconie e sfuggenti paesaggi, tra cupezze cinematiche e lirismo battiatiano.
"Assediati dall'esercito russo e cinti dalle mura, guardavamo il cielo". Sì sì sì, già lo so cosa state pensando in questo preciso istante, voi tutti, di fronte alla colta sfumatura di questo titolo: ”Ma non è che per caso sta per uscire il nuovo album di Franco Battiato?”. No, in realtà nulla di tutto ciò, per quanto da queste parti l’ascendente del cantautore siciliano sia davvero influente, e non poteva essere altrimenti, vista la devozione nutrita verso il Maestro dal nostro Alessandro Russo (tanto da dedicargli una tesi) e considerato che la produzione artistica di questo debutto sia opera di quel Fabio Cinti che della propria battiatiana perdizione non ha mai fatto mistero. Se a ciò poi aggiungiamo che lo stesso Cinti presta inchiostro e voce a un paio di composizioni dell’album (“E ora mi parli da lontano”, “I boschi di Hauenstein”) risulta molto più agevole focalizzare sia le coordinate stilistiche di questo lodevole esordio, per sua gran parte strumentale, sia l’enigmatica natura del titolo che riporta cripticamente al suo interno i cognomi dei due autori principali.
Alessandro Russo disegna con leggerezza, sugli 88 tasti del suo pianoforte, arcane malinconie e paesaggi sfuggenti, talvolta sfiorando con i polpastrelli le umbratili derive cinematiche di alcuni suoi ben più illustri colleghi, come Michael Nyman, Angelo Badalamenti e Philiph Glass, talaltra inginocchiandosi sui ceci davanti all’immensità di Erik Satie per evocare più delicati ricordi (“Pomeriggio a Bouville”), per poi ritrovarsi, come per magia, ipnotizzato dalle fascinazioni panoramiche di un Roberto Cacciapaglia, come nell’incantevole “River’s lullaby” interpretata da Luisa Cottifogli, o da un Battiato più intimista come nei succitati episodi cantati da Fabio Cinti.
Sei composizioni per altrettante piccole gemme, in grado, da sole, di succhiare la luce anche dai recessi più ombrosi e di soffiare bellezza persino nelle increspature più tristi, come a volerci regalare un’ottimistica serenità nonostante la cupezza del mondo, quasi fossimo tutti dei disincantati Candido dei tempi moderni.
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La recensione Assediati dall'esercito russo e cinti dalle mura, guardavamo il cielo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-05-30 00:00:00
COMMENTI (2)
Background classico, brani dall'atmosfera eterea, ben suonati e cantati. Purtroppo non capisco la necessità di ripercorrere così monograficamente strade già molto battute...
Qui, sono di parte. Sento questo lavoro da quanto tempo? Due, tre, quattro mesi? Forese di più. Ogni giorno o quasi. Alessandro è un contatto di FB, ci siamo parlati, è vento, foglie e legno fattosi carne e ossa. Io inviterei gli "Arpeggiatori" ad ascoltarlo per capire la differenza tra chi batte cassa vendendo old age a caro prezzo e chi ancora si sforza di esprimersi, facebdo leva sulle potenzialità che la Musica offre. A chi la conosce.