Fosse rimasto un disco strumentale, si sarebbe potuto salvare: purtroppo ci sono cinque pezzi cantati
Fosse rimasto unicamente strumentale, con i suoi echi surf e western, il suo divertito citazionismo ("Vermut", ovvero il fratellino di "Tequila"), i rimandi a Shadows e Ventures, questo debutto degli Atollo 13 si sarebbe potuto salvare: la tecnica è buona, i suoni di chitarra ci sono (quelli di batteria un po' meno), i main themes sono orecchiabili, pur restando fedeli ai propri modelli.
I pezzi cantati, però, ci sono, e per quanto pochi (cinque su undici, indice che la band stessa è cosciente dei propri punti deboli), sono davvero indigesti: doppi sensi frusti ("Con i tacchi"), ironia livello dopolavoro ("Tribute band", "Il terrore dei vegani"), il cantante che ci crede nè più nè meno che al karaoke (e i coristi non se la cavano meglio: si veda la cover di "California Sun"), e in un pezzo già melodicamente bruttarello di suo come "Porno surfer" il concorso di tutti questi fattori mette davvero a dura prova l'ascoltatore, e purtroppo vanifica i discreti strumentali del CD.
Che non mi riesce nemmeno di definire dimenticabile, visto che si dà il caso che stesse dentro alla mia autoradio la sera di pochi giorni fa in cui mi hanno sfondato il finestrino per rubarmela. Per cui mi sa che io, volente o nolente, difficilmente mi dimenticherò di questo disco.
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La recensione Atollo13 di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-03-25 00:00:00
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