Istantanee ironiche e toccanti, brani ben studiati e struttura musicale ordinata, lineare, pulita. Un disco che punta dritto al cuore delle cose.
“Bene è una parola aerea, inchiappabile”. E c’è tutto un immaginario dietro tale parola, una sintesi del passato oppure l’accettazione del presente, una speranza magari per il futuro, che adesso pare tanto incerto e nebbioso. Nebbiosa è, spesso, pure l’esistenza delle persone comuni, quelle che si preoccupano di come arrivare alla fine del mese, quelle che scappano dal loro Paese d’origine e si ritrovano a tu per tu con un diverso stile di vita, quelle che conservano gelosamente sogni e ambizioni non comuni che trascinano via dalla materialità delle cose.
Tutto questo è “Bene.”, che si apre con un brano dedicato a Piero Ciampi, “Ma che ne so!”, semplici accordi di chitarra circolari che si ripetono fino ad arrivare al ritornello, cantato con un’estrema leggerezza d’animo che fa star bene all’istante, come se avessi spalancato le finestre su un cielo terso e intenso, libero da qualsiasi nube all’orizzonte. “A fine mese” è la polaroid dell’Italia di oggi, quella che non offre possibilità di lavoro, quella che ci preoccupa e che ci fa venire le rughe, tanto è il cruccio che ci dà, brano pop macchiato a tratti da elettronica, ritornello catchy che alleggerisce il tema serio ed impegnato che viene affrontato. “L’astronomo” è una dolce ballad che dipinge i tratti di un personaggio e del suo sogno nel cassetto, mentre “Dov’è finito il mondo?” è l’ironia sul non riuscire a stare al passo con chi ci sorpassa e va più veloce di noi, noi che viaggiamo “su un asinello da contrada” e allora decidiamo di fare un’inversione a U, ché forse è l’unica soluzione rimasta. Gli ultimi tre episodi del lotto sono i migliori. “Case popolari”, con i suoi arpeggi dolci che delineano le vite di personaggi comuni, Daniela e la sua ottica, Giuseppe il fabbro inutile, il buon meccanico Taruzzo e Pasquale che ha seppellito la moglie, senza avere dalla sua un Dio a confortarlo; liriche toccanti (“Ed evito gli sguardi perché non ho più il coraggio di rispondere con pallidi sorrisi in agonia. La gente mi saluta e pensa che nella mia vita ci stia bene… ma quale bene?”) e arpeggi malinconici che toccano l’anima. “Tu e io” è la storia d’amore che tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo provato, quella finita con mille dubbi e perché, mentre “Giorno dopo giorno”, con la sua coda strumentale e l’assolo di elettrica, racconta del passare del tempo con una nota di speranza: “si può uscirne vivi dallo smarrimento”.
Riferimenti cantautorali classici (De Gregori, Battisti) e più moderni (Max Gazzè, Niccolò Fabi, Tiromancino) ma, soprattutto, un’originalità di base che spicca sin dalle prime note, modelli a cui ispirarsi ma senza traccia di imitazione alcuna. Carmine Torchia riesce a scattare istantanee di ogni tipo, toccanti o ironiche che siano, che delineano un forte spirito di osservazione della realtà e delle storie che ci circondano; ogni brano è poi ben studiato, con una forte attenzione per i testi che suonano tuttavia semplici e piacevoli e niente è lasciato al caso, struttura musicale compresa, la quale risulta ordinata, lineare, pulita.
L’artwork del disco è curato e interessante, con i due schiaccianoci che stanno a simboleggiare il mezzo per giungere al cuore delle cose, come Torchia riesce a fare. Basta rompere il guscio per scoprire l’essenza di ciò che abbiamo intorno, scalfendo anche la scorza più dura con semplicità e leggerezza, per scoprire che, nonostante la cruda realtà, c’è del bene intorno a noi. Quindi premo ancora play, stringo la mano a questo artista, sperando che continui su questa strada, e mi godo questa piccola chicca.
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La recensione Bene. di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-03-14 00:00:00
COMMENTI (2)
carmine torchia tiene alta la tradizione cantautorale italiana... e di questi tempi ce n'è bisogno!
Carmine Torchia e le sue canzoni sapranno farvi sorridere e commuovere, battere il piedino e riflettere. Tutto bene, insomma.
Tutto... Bene.