Sugar Kandinsky Canadian Pieces 2013 - Strumentale, Indie, Post-Rock

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Ep evocatico, un crescendo di suoni e distorsioni che creano spettri sonori quasi magici

“Canadian Pieces” parte e immediatamente si aprono spazi immensi e malinconici dinanzi a me, tinteggiati da colori freddi e venature scure. “Gocce invisibili” inizia quasi solenne, come un lento risveglio dei sensi, gli accordi di elettrica che si ripetono in maniera circolare, ossessiva, suoni striduli che esplodono e la batteria è una marcia oscura, sembra che la catastrofe sia vicina. Improvvisamente gli Sugar Kandinsky virano verso un altro mood e i suoni si fanno ora più rilassati, lasciandosi andare ed è come tirare un sospiro di sollievo, un pianto liberatorio dopo tante ansie, ma pur sempre breve.
Anche in “Interferenze” è la chitarra elettrica a fare da apertura, seguita da una batteria lontana, quasi nascosta, effetti e distorsioni fredde e marmoree. Le note si ripetono e improvvisamente cambiano strada, cambiano dinamica e muta il carico di energia, proprio come la bibbia del post-rock insegna; i paesaggi qui sono più duri, rabbiosi, le distorsioni più marcate, il sound più ruvido. “Ladybugs Era” è la quiete dopo la tempesta, accordi agrodolci che profumano di quei ricordi che mi spezzano il fiato e per un momento mi sento perduta, senza sapere dove andare o chi cercare. Intorno al minuto quattro un momento bellissimo, una sorta di epifania: la chitarra distorta al massimo mi prende stretto il cuore, la presa si fa sempre più forte, fino a diventare un assolo di pioggia tagliente e scrosciante e, devo ammetterlo, mi sono emozionata.

L’ep è evocativo, lascia spazio all’immaginazione, un racconto senza parole, un libro che ognuno di noi può illustrare a proprio piacimento. E’ un crescendo, un continuo palleggio fra calma apparente ed esplosione di note e risulta quasi impossibile non provare a descrivere ogni minimo suono e le conseguenti fotografie che esso crea, come una proiezione magica. Ogni minuto dei tre brani è un sassolino prezioso fatto di spettri sonori quasi magici, gocce invisibili sì, ma che si odono. Una prima prova da tenere stretta e non lasciare andare.

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La recensione Canadian Pieces di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-02-21 00:00:00

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