Mai dare credito al titolo di un disco, come in questo caso: il jazz è solo una delle tante e molteplici sfumature.
Provo a convincermene ogni volta, ma é più forte di me: mai dare credito al titolo di un disco, soprattutto se fa riferimento a un genere non particolarmente gradito. Io, ad esempio io flirto poco e male col jazz, e non è neppure una questione di assumerlo a piccole dosi. Semplicemente fatico a decifrarlo e, se proprio me lo devo far piacere, riesco a concepire tutti quegli esperimenti musicali in cui sono comunque le trame rock a detenere quote di maggioranza.
Sicché la rece di "Jazz4indies" non nasceva sotto i migliori auspici: oltre alla questione legata al "genere" entrava in gioco anche un radicale cambio di formazione che mi allontanava ulteriormente (a livello ideale) da un approccio intellettualmente onesto. Insomma, i Reflue del nuovo corso ho preferito tenerli a bagnomaria per un po', in attesa di tempi migliori. Col senno di poi non meritavano questo trattamento, visto e considerato che "Jazz4indies" - a dispetto di quanto si potesse immaginare - non rivoluziona la cifra stilistica della band bensì la consolida, nonostante il pesante cambio di elementi in line-up. Infatti, ad eccezione dell'iniziale "Bob the frog" (strumentale insipido tanto quanto il video scelto per rappresentarlo), già dalla successiva "Ten days of evil" riemergono quelle atmosfere tipiche della band parmense, ovvero ritmi dilatati in cui ricami sonori di matrice post-rock segnano il passo. Il tutto filtrato, come da tradizione, dalla sensibilità di un quartetto capace ancora di scrivere e arrangiare canzoni con un tocco raffinatissimo.
In questo quadro risaltano alcune tracce in maniera particolare: "Universal you" (questa sì da singolo, trattandosi di un brano frizzante e con il bellissimo controcanto femminile posto in chiusura a donare un tocco di soul), "Do you" (pezzo in cui le trame jazz si fanno più evidenti e - a dispetto di quanto scrivevo nell'incipit - funzionano!) e l'accoppiata "Old hat"/"Frozen ember" (che hanno invece un retrogusto eighties sulla falsariga del sound degli Spin 1ne 2wo per intenderci). Bella anche l'altra accoppiata, quella sul finale che chiude il lavoro: prima la rockeggiante "What clues have you found?", tanto inaspettatamente sopra le righe quanto ritmicamente riuscita, e a seguire "Visiting houses", sussurata quasi fosse una sorta di ninna nanna.
In definitiva non ritengo ci sia molto altro da dire, se non che recitare il mea-culpa per non aver maturato prima l'idea che "Jazz4Indies" meriti almeno quanto i predecessori.
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La recensione Jazz4Indies di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-05-30 00:00:00
COMMENTI (1)
-Slo Mo- e -A Collective Dream- restano irraggiungibili... era una band musicalmente incredibile.