Pazzia o minuziosa ricerca per le parole sconclusionate? Tornano i Fou con un disco complesso ed affascinante
Sono sempre stata inevitabilmente attratta dalle cose complesse, da quelle che devi osservare con minuziosa attenzione per comprenderne il significato profondo, da quelle che devi dissezionare come se stessi smembrando il corpo di una rana per un qualche compito di biologia, che poi magari scopri che non era tutto sto gran putiferio o forse sì. Chissà. In ogni caso, “Ho trovato Godot” è esattamente così, un disco che prende vita su più piani, ognuno di essi a sua volta stratificato, meno narrativo dei precedenti lavori ma sempre spiccato e acuto.
La opener “Ho trovato Godot in un kinder” è quasi inquietante con i suoi synth che permeano l’atmosfera rigida, il continuo intrecciarsi delle due voci (una maschile e una femminile) e il ripetersi ossessivo del testo. I suoni sormontano tutto, anche le liriche (già di per sé molto poco immediate e, proprio per questo, affascinanti) e si prendono prepotentemente il posto centrale su testi al limite dello sconclusionato, quasi surreali, come succede ne “Il sabato del silenzio” e i synth corposi e presenti. Le rime che suonano come una filastrocca di “Canzone noir” sono schiaccianti, ti entrano in testa immediatamente e anche in questo brano emerge l’estrema e minuziosa ricerca della parola “difficile” e degli incastri sonori, che potrebbe quasi passare per pazzia nonsense. L’ossessione e il feticismo delle parole è visibile poi in “Cleaning song”, che vira verso un synth rock più disteso, mentre “Segreto” suona cupa e macchinosa, ma allo stesso tempo luminosa e rilassata grazie alla presenza della chitarra acustica che spunta quasi di soppiatto.
E’ come essere all’interno di un flusso di coscienza che scappa rapidissimo, come abitare un pensiero che viaggia a briglia sciolta e ci si ritrova a paragonare l’amore a un trolley (“Rotola” e i suoi synth ridondanti), a vivere in un campo da golf (la trascinata e rumorosa “Dongtan”) e a muoversi in una danza nervosa (“Candida”, che ha una struttura più regolare rispetto agli altri brani), per finire in un incrocio di gente del centro che va in periferia e viceversa (“Fuori/dentro”).
I nove brani sono una forza che attrae in maniera forte, ma che non accetta mezze misure. E’ un disco che divide, o lo si ama, o lo si odia, ermetico e serrato com’è, e si dischiuderà solo a quelli che si incaponiranno nell’andare oltre al primo ascolto, oltre alla patina spessa che ricopre questi brani, per poi scoprire che funzionano proprio perché sconclusionati e sgrammaticati, affascinanti e particolari. Menzione d’onore poi per il racconto che accompagna l’album, “E ora qualcosa di completamente inaspettato” di Andrea Scarabelli, che rispetta lo stile dei Fou, colorandolo di lunghi periodi che si snodano veloci e acuti, realistici e semplici. In definitiva, alla fine di questo strambo viaggio Godot lo troverete dentro a un Kinder, ve lo sareste mai immaginato?
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La recensione Ho trovato Godot di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-05-20 00:00:00
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