Dalle ceneri di Jabberwocky, progetto patchanka in dialetto orobico, Dulco Mazzoleni, Francesco Pontiggia e Igor Malvestiti danno alla luce i Moostroo, sapiente miscela di cantautorato e post punk. Musica cruda diretta all’essenza: ridotti al minimo, infatti, gli elementi portanti di questa band, la voce spiccatamente grave (ricorda un pò Lorenzo Kruger dei Nobraino) è accompagnata da una chitarra distorta, un basso due-corde e una batteria ai limiti dell’essenziale. Tutto è pensato per creare un suono d’impatto, grezzo al punto giusto.
L'obbiettivo di fondo dell'album, piccola odissea all’interno dell’emozioni umane più cupe e nascoste, è proprio la volontà di tirare fuori quel “mostro” che si annida dentro ognuno di noi e che altro non è se non quella paura e quei pensieri che ci appesantiscono quotidianamente. Si passa dalla desolazione giovanile di "Silvano Pistola", dove un incalzante riff di basso rievoca scenari da serie poliziesca, tutte corse e inseguimenti, al contrasto musica-testo in "Underground", dove rabbia e vendetta, raccontate da una musica così serena. La volontà, quindi, sembrerebbe quella di superare questi problemi, di vincere queste paure: come in "LPS", dove alla crudezza sonora di fondo prevale un messaggio positivo.
Nel complesso il disco merita, nonostante la bassa fedeltà delle registrazione non sempre aiuti l'ascolto, le canzoni pur essendo cupe entrano a dovere in testa, ti ritrovi a cantarle nelle situazioni più diverse. Un buon esordio.
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