Se è vero che il rap è morto, allora è nel cimitero che si trovano le cose giuste d'ascoltare, perché è lì che prolificano, grottesche e degne dei più horror dei miei sogni. Se non vi bastano i cimiteri, ci sono sempre la catacombe dove andare a scavare, e magari in uno di quei giri romanticamente paurosi avrete la fortuna -come me- di incontrare gli Strani Crani e il nuovo primo orribile album "Anche da morti". Orribile perché la soglia di paura che tocca è alta, altissima.
Dopo un esordio dalle sonorità più soleggiate, il trio formato da Ivo aka Korekane, Anto (i due MC) e da Gianni Ciccarello (videomaker), resuscita seguendo una direzione decisamente più oscura, fatta dall'incontro tra la trap, i suoni cupi della dubstep e brevissimi accenni solari e reggae. Disotrsioni vocali e sonore, cori femminili schiacciati dai ritmi psicotici per un sound che piace quanto una risata amara, difficile provare piacere ascoltando queste undici tracce ma è altrettanto facile ammettere che si tratta di un ottimo lavoro. In questo tunnel verso l'inferno, le fermate sono annunciate dall'alchimia tra le due voci degli mc: ruvidissima e penetrante quella di Ivo, che scandisce il tempo e ne misura le distanze, per poi rilanciare ad Anto e alla sua lingua scivolosa. Il botta e risposta che si crea è uno show tenebroso, dove le liriche centrate tra psicosi e horror mentale assumano la forma del maleodorante protagonista. Non è una bella realtà quella a cui ci mettono davanti gli Strani Crani, ma una palude di paure e un futuro a cui si tende con tutta la tensione del corpo.
"Anche da morti" è un boccone difficile da masticare, richiede tempo e impegno ed è un po' il suo bello. È una salamoia, salata e fumante, ma che in queste catacombe viene servita come il piatto più prelibato. Tutti a tavola, è pronto.
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