Gianni Giublena Rosacroce e Maria Violenza sono in split su Brigadisco, Escape From Today, Lemming, No=Fi. Un EP di quattordici minuti. Trecento copie in vinile: sul lato A i cinque pezzi, mentre la serigrafia è sulla copertina e sul lato B. Tre pezzi sono a firma Rosacroce: "Angkor Wat", "Agua Ardiente" e "Rame Triangolo Rosso"; due pezzi a nome Maria Violenza: "Coronaria" e "Xl Comandamento".
Gianni Giublena Rosacroce è Stefano Isaia (già nei Movie Star Junkies). Tre anni fa il suo debutto su Yerevan Tapes, etichetta succursale della Avant! Records; la cassetta era "La Piramide di Sangue", tape seminale, grazie a cui s'inizierà a parlare di scena occulta italiana e prenderà forma il complesso omonimo La Piramide di Sangue, di cui il primo disco, "Tebe", è su Boring Machines e Sound of Cobra, data 2012, e il secondo, "Sette", è uscito a Febbraio solo per Sound of Cobra. Lo scorso anno esce la seconda cassetta sotto le spoglie di Gianni Giublena Rosacroce, pubblicata sotto l'ala della No=fi di Toni Cutrone, titolo "La mia Africa" e anche qui il livello è alto.
Maria Violenza è Cristina Cusimano (già nei Capputtini I' Lignu). È un nome affiliato alla scena della Borgata Boredom romana e ugualmente componente de La Grande Triple Alliance Internationale De L'est, collettivo musicale di mutuo soccorso, con base a Strasburgo.
Questo per sottolineare le costanti, quindi la scena occulta, la Borgata Boredom, e il giro di etichette, che è ben delineato. Per intenderci, evitando fraintendimenti superficiali: Stefano Isaia ha scritto pagine forti dell'underground italiano anni '00/'10 e può permettersi di sbagliare il tiro; Maria Violenza è già ben inserita nel contesto, e sa quanto noi di valere, dunque, ecco perché questo split funziona solo a metà.
Maria Violenza è la vera nota positiva dell'uscita, considerando l’aspetto musicale. I suoi due pezzi, "Coronaria" e "Xl Comandamento", sono synth-wave: c'è sporcizia nel suono e gli echi occulto-pagani direzionano l'ascolto; la formula c'è, ha una propria organicità e ha radici robuste nel contesto italiano contemporaneo. Maria Violenza non perde l'occasione dell'esordio, i due pezzi celano un'idea musicale di fondo apprezzabile.
Gianni Giublena Rosacroce invece è in confusione: il progetto sì è banalizzato e la nota è di tristezza. La ricerca sonora muta pelle, dimentica le registrazioni passate, dove un linguaggio occulto-world era apprezzabile per ricercatezza e intelligenza compositiva, mentre qui il tutto appare di transizione, senza convinzione e profondità. È sì un cambiamento di coordinate, ma è avvenuto d'inerzia, per il gusto del rinnovamento fine a se stesso.
"Angkor Wat” è un intro all’intero split e il discorso musicale prende una direzione, poi purtroppo non smentita dagli altri due pezzi: la vaghezza; "Agua Ardiente" è una traccia spaghetti-western, per giunta anche bella, ma è un estratto per una potenziale colonna sonora? All'interno dello split è stonata: non collide e non funziona; infine "Rame Triangolo Rosso” è un abbozzo di pezzo e spiazza per inconsistenza, che è strutturale e di spunti. Le suggestioni sono le stesse del passato, ma è pappina pronta: Stefano imita se stesso, senza pudore e senza ripetere la fortuna delle proprie ambientazioni sonore, approfittando con furbizia del periodo storico dell'underground italiano e dell'ondata dell'occulto. Nulla da rimproverare a chi l'ondata l'ha creata, solo, un pizzico di delusione.
La lettura di fronte al tutto è in alternativa: Rosacroce compone tre pezzi-postille dei brani di Maria Violenza; la loro funzione all’interno dell'EP è di amalgamarlo, rendendolo lo split omogeneo e frutto in apparenza di una sola mente. Stefano Isasia scrive insomma più per dare una cornice a Maria Violenza, che per sé. Questo possibile intento trova materializzazione nella composizione dello split: le canzoni di Maria Violenza e Rosacroce sono mescolate su un solo lato del vinile e non un lato per ogni artista, come solito; ciò rende il tutto non scindibile e per questo considerabile una collaborazione.
Insomma: un oggetto, desiderabile esteticamente per la propria collezione, che lascia perplessi a livello di ascolto.
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