Fila liscio che è un piacere, quando le cose sono fatte così con cura tutto torna.
Sono convinto che i dischi abbiano un' ora più giusta di altre per essere ascoltati. Un momento preciso, in cui te li godresti di più. È una cosa abbastanza semplice, basti pensare ad ascoltare i Sigur Ros per gasarsi prima di uscire o i Sepoltura per addormentarsi. Questo disco l'ho ascoltato in diversi momenti, e mi è piaciuto di più la mattina. Mentre lavavo i piatti, facevo il caffè, mentre mi facevo la doccia, e poi mentre mi vestivo. Col sole che entrava dalla finestra, finalmente aperta.
I 7 days training sono 4 ragazzi di Frosinone, al loro secondo album dopo il buon esordio del 2011 "In a Safe Place" e l'ep dell'anno successivo "Finale/Forward". Il loro suono prende spunto dal rock anni 70 più puro, e si fa influenzare ben volentieri dai più recenti Rem, Wilco, Interpol e via dicendo. 12 tracce che scivolano via piacevolmente, con una buona identità nonostante le numerevoli sfaccettature. D'altronde il tema principale è quello del tagliare i fili, i legami, le costrizioni che ci bloccano, quindi ampio spazio alla libertà, anche di scelta musicale.
La traccia di apertura, "Gone" è un episodio caratterizzato da arrangiamenti semplici, scarni, caratteristica vincente di quasi tutto il disco. Con "You Are not Me" , la seconda traccia, si passa subito su registri diversi, ritmo, chitarre più decise e ritornello con melodia che ti rimane testa. "Wires", la title track, si fa portavoce degli elementi presenti nelle liriche di tutto il disco sopracitati. In "down the river" si sentono tanto gli Wilco, e non è un male. "Greter Good" invece è una piccola perla, consiglio l'ascolto con accuratezza.
Insomma, fila liscio che è un piacere, quando le cose sono fatte così con cura tutto torna. Caffè, briosche e disco da risveglio.
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La recensione Wires di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-03-21 00:00:00
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