Che questo “Latex duellos” non sia un disco ‘facile’ lo si intuisce subito: in primo luogo per le 36 (si, si… sono proprio trentasei!) tracce, suddivise in 9 ‘movimenti’, e anche per le referenze che precedono il disco stesso. In special modo, per ascoltatori assuefatti a sonorità più orecchiabili, l’ascolto dei Pin Pin Sugar può risultare difficoltoso, anche perché le strutture storte e i tempi dispari costringono a concentrarsi sul dischetto che gira come impazzito nel lettore, saltabeccando da sprazzi del più free dei viaggi stellari di Sun Ra, a brani cantati dall’approccio decisamente più punk (nell’attitudine e nei suoni).
Proprio il periodo d’oro del free-jazz sembra essere il punto di partenza del trio milanese, che raccoglie anche altre eredità dei nostri tempi, incluse reminescenze elettroniche, smontando e riassemblando il tutto in un calderone di sonorità disparate e ritmi instabili, seguendo un’alternarsi di ritmi più serrati e più distesi, di vuoti e di pieni. Questa forte mescolanza si avverte non solo nella struttura (o non-struttura) dei brani, ma anche nelle scelte timbriche espresse dagli strumente, sicuramente più care al rock che non al jazz (distorsioni, slap, ecc.).
I legami di parentela più stretti che mi sembra si possano attribuire ai Pin Pin Sugar sono probabilmente con gli Zu, per restare in casa nostra, e con i Mr.Bungle di Mike Patton, facendo del jazz la più esplicita, ma certo non l’unica, tra le numerose influenze, e finendo col posizionarsi sostanzialmente ‘in mezzo’ a queste forme musicali d’avanguardia.
Sicuramente un disco molto interessante, che rigira più volte le carte in tavola nel corso dell’ascolto, lasciando un’idea di mutazione, ma contemporaneamente un disco non facile, e apprezzabile per lo più da un pubblico che abbia già confidenza con questo tipo di sonorità.
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La recensione Latex duellos di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-04-16 00:00:00
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