Fiumani cantava “L’odore delle rose è una reazione chimica, se un giorno lo scoprissi non lo ameresti più”: ecco, io ho 37 anni e credo ancora alla magia, alle cose che accadono senza seguire regole precise o formule scientifiche, credo all’immaginazione, ai sogni che s’avverano, al destino e all’amore che è una scintilla. Per me le nuvole sono panna e il cielo è un gran pezzo di carta azzurra oltre il quale c’è l’immensa fantasia del mondo, così leggo nell’intervista a Carnesi qui su Rockit che questo disco parla di fisica quantistica e penso che la poesia e la fisica non possano andare granché d’accordo: penso così e mi sbaglio, io che la fisica non l’ho mai neppure approcciata, io che vivo ancora di magia capisco quanto le visioni che abbiamo delle cose possano essere personali, che c’è un confine sottile tra ciò che vediamo e ciò che è davvero, e puoi chiamarlo come vuoi, non contano i nomi, ci siamo io e te di fronte allo stesso specchio ma su due parti opposte, e allora le sostanze antigravitazionali, le dimensioni spaziotemporali, la materia e l’antimateria diventano stratagemmi quotidiani, chiavi di lettura, modi per comprendere quello che è troppo distante.
La galassia nell’armadio ce l’ho, sono le scie luminose e inarrivabili che colorano i giorni, ed è pure l’ascolto di questo disco che è davvero un viaggio interstellare che la mente compie mentre restiamo fermi immobili nel nostro guscio: un percorso onirico lungo il quale Nicolò riesce a farci sentire ciò che sente lui, e se nel disco d’esordio raccontava storie piccole, disegnava acquerelli coi giochi di parole ( presenti anche qui ma solo in minime dosi) e utilizzava geometrie sonore essenziali, ora racconta l’universo, i bilanciamenti necessari e infallibili, e tutto è più suonato e più profondo, grazie pure al lavoro di Tommaso Colliva che oltre a produrre, registrare e mixare partecipa come musicista in diversi brani, e a collaborazioni eccellenti, da Rodrigo D’Erasmo a Roberto Angelini e Antonio Di Martino per citarne alcune, anche se c’è da sottolineare che Nicolò in questo lavoro suona praticamente ogni cosa, ed è per questo che mentre ascolti lo trovi ovunque, in ciascun angolo delle canzoni: “Ho una Galassia nell’Armadio” è la visione totale e totalizzante delle cose di Nicolò Carnesi, e la condivide con noi, ci presta il suo occhio e noi guardiamo attraverso i filtri di questi dieci pezzi, ascoltiamo e pesiamo le parole, e comprendiamo tutto, e ci innamoriamo delle sue galassie che per qualcuno son pianeti e per altri luoghi zeppi di desideri espressi e ancora in attesa di essere esauditi.
La title track coinvolge subito proiettandoci in una dimensione leggerissima, sintetica e sinfonica al tempo, dove le nostre differenze sono “solo cellule in continua collisione”, e ci nascondiamo, ci disintegriamo, non ci sorprendiamo, mentre “Il disegno” mi ricorda all’inizio, per un attimo, un vecchio pezzo di Billy Idol (“Dancing with Myself”) ed è intrisa di eighties, è un tappeto di suoni nostalgici, e l’equilibrio che è un tema dominante nell’album sta tra disegnare e cancellare, fare e disfare, costruire e distruggere; “L’Ultima Fermata” sembra una giostra coi cavalli che girano mentre scorrono sullo sfondo tutte le ultime volte, e il raccordo tra passato e futuro è il punto esatto in cui ci troviamo, dove “restiamo incollati a tutte quelle cose che non abbiamo più”, e ci portiamo in tasca i fantasmi, e in fondo sì, “lasciamo all’illusione almeno un’ora d’aria” .
“Numeri” è morbidissima di arpeggi e pianoforte di zucchero, e qui la dicotomia siamo proprio io e te, i nostri punti di vista che trasformano gli oggetti e le sensazioni capovolgendole, perché siamo mondi così ricchi e diversi da cambiare tutto attraverso uno sguardo, mentre “Cassandra” parte lieve e pop per spalancarsi poi a un ritornello impreziosito dagli archi che non è altro se non ali che si aprono, e penso a “La Storia Infinita”, al volo su un cane alato che da qualche parte esiste, lo so.
“Illuminati” si fa avanti con la sua batteria in stile new wave ed è il brano più carico, e il titolo del disco precedente (“Gli Eroi non Escono il Sabato”) qui diventa una canzone ultrasintetica e trasparente quasi fosse di cristallo, quasi fossero solo puntini sonori da unire con la penna, con gli echi a suggerirci il percorso da seguire; e arriva la fine, chiude “La Rotazione” (e anche qui tipica batteria new wave), e dopo aver attraversato le dimensioni e il cosmo e gli equilibri universali, la frase che chiarisce ogni cosa è “c’è da qualche parte un universo dove non si muore mai e non lo troveremo sai, ma ci resta il viaggio, ci restano i sogni, la fame, la sete, la voglia di qualcosa di diverso”, e ci ritroviamo di fronte a un nuovo armadio e a nuove galassie da esplorare.
“Ho una Galassia nell’Armadio” è una conferma e un passo avanti perché se Carnesi aveva già dimostrato di sapersi raccontare in maniera originale, qui rilancia e aggiunge uno sfondo quasi orchestrale alle sue parole, non cerca il pezzo catchy ed effettivamente il disco non è immediato come il precedente e va ascoltato più volte, e dopo averlo ascoltato più volte ne cogli lo splendore, la profonda leggerezza, la poesia che ti abbraccia e la porporina che riempie la stanza: nessuna formula matematica, nessuna regola precisa, questa è, come le nuvole di panna e l’odore delle rose, soltanto pura e infinita magia.
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