Intelligent, ma molto: un disco, miliardi di dischi. A distanze.
Immergiti nel silenzio, creati il tuo vuoto, alza il volume, premi il tasto play. E ti trovi in una piscina, un po’ come il bambino di "Nevermind", solo un po’ più infinita, ma invece di cercare di afferrare dollari, cerchi di afferrare i suoni che si allontano in riverberi e ribattute di delay. Cerchi di afferrare la cassa sfuggente, i clap, quegli echi di voci lontane, quei synth melliflui. Cerchi di afferrarli e di stringerli perchè hai bisogno di cose piene, solide, che puoi quasi toccare, al punto che quando in “No Need To See” parte la cassa in quattro ti senti salvo, così come quando riesci a definire il pattern seppur sghembo di un loop, senti le pareti di qualcosa, trovi dei lati che definiscono. E da lì cominci a ricostruire. Perché, anche se si tratta di un concept sulle distanze, sai bene che più distanze ti saranno date dal punto da cui stai ascoltando, più definirai l’area in cui ti trovi.
A muoversi nell’area del percorso sonoro di Edisonnoside ci si sente un po’ come i pipistrelli, cercando di cogliere quanto più possibile i segnali dalle dimensioni di una scrittura quantomeno dilatata. Apparat, To Rococo Rot o Holy Other che sia, in botta di riverbero (a livelli da shoegaze) e malinconia malconcia, dilatato con snervanti quanto affascinanti accumuli. Accumuli di un continuo crescere, in una struttura che nei primi ascolti ti affascina e al contempo ti snerva nel suo continuo non esplodere, un continuo gioco di provocazioni con un nuovo potenziale partner, senza mai varcare un limite. Poi, più crescono gli ascolti e più ti rendi conto della potenza del flirt e gioisci nel riconoscere in quel particolare movimento sonico la conferma dell’attrazione reciproca, capisci di esser entrato in un dialogo e se anche tutto finisse lì, qualcosa ti è arrivato.
Ma se non finisse tutto qui? Se il disco non finisse qui? L’esperienza con questa produzione non termina infatti con l’ascolto del disco così com’è ora ma permette attraverso un’applicazione iOs (maggiori dettagli qui) di far interagire le immagini catturate dalla fotocamera con tre livelli in cui la produzione del disco è stata scomposta (armonia, melodia e ritmo). Che si tratti di una via d’uscita alla crisi del supporto o una via di più facile accesso al mondo delle installazioni sonore, l’esperienza non finisce qui, con l’ascolto di quanto presentato qui, ma si protrae (tendenzialmente) all’infinito in un nugolo di variazioni su sfumature, sguardi, allontanamenti, vicinanze.
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La recensione Sadly By Your Side di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-05-20 00:00:00
COMMENTI (1)
tanta roba tutta buona...davide cairo