Non è il caso di girarci intorno o di costruire chissà quale introduzione: “Costellazioni” è un disco grosso, importante. È il disco che svincola Vasco Brondi dalle sue stesse canzoni, facendo capire definitivamente che dietro alle Luci della Centrale Elettrica non c’è una sola idea di canzone e di testo, ma un autore e un musicista in grado di trovare modi diversi di raccontare e mettere in musica. I due album precedenti erano monolitici: arrivati a questo punto serviva un cambiamento e un cambiamento è arrivato, nel migliore dei modi.
Come lo stesso Vasco ha raccontato nell’intervista, questo cambiamento arriva soprattutto da un nuovo approccio alla musica: non più la chitarra a far germogliare le canzoni, ma i beat, la ritmica. È proprio l’elettronica l’elemento di novità decisivo, quello che toglie la chitarra dalla posizione centrale e la sostituisce con soluzioni che variano in ognuna delle quindici canzoni che compongono l’album.
“Costellazioni” parte come un treno e non ha un momento di flessione fino a metà. “La terra, l’Emilia, la Luna” e “Macbeth nella nebbia” sono un’introduzione in punta di piedi alle novità del disco, che arrivano potenti ne “I destini generali”, con quel coro inedito per Le Luci, a fissare subito un’atmosfera di allegria senza senso che sarà palpabile lungo tutto l’album. “I Sonic Youth” strapazza e stira alla grande De Gregori, mentre “Firmamento” altro non è che un pezzo del demo con delle ritmiche sotto, l’evoluzione finale di quei primi brani di ormai sette anni fa. Il punto di svolta dell’album, quello che fa capire che si è di fronte a qualcosa di radicalmente nuovo, è “Ti vendi bene”. I CCCP vengono in mente all’istante e il ritornello “Ti vendi bene tu” sembra essere la replica al “Tu menti” di quasi 30 anni fa.
C’è di più: “Ti vendi bene” è un pezzo che ha tutto per diventare qualcosa da cantare e da - ebbene sì - ballare. Non è però l’anthem da voce strozzata, non ci sono “rave sull’Enterprise” da urlare con la gola che graffia: è un pezzo prodotto, con una ritmica che tira in mezzo. È diverso da tutte le altre canzoni di “Costellazioni”, ma paradossalmente è anche l’esempio migliore dell’intero album. “Una cosa spirituale” è invece il passaggio a vuoto, che inaugura una seconda metà di album non all’altezza della prima, ma riscattata comunque dalla leggerezza assurda di “Questo scontro tranquillo”, dalla bellezza sgraziata di “Blues del Delta del Po” e da “40 km”, che chiude il lavoro con alcuni dei frammenti più belli scritti fin qui da Vasco.
Il cambiamento è nei suoni e nei testi, ma in “Costellazioni” si possono trovare tutti i temi e le figure che Vasco Brondi ha raccontato nei primi due album. In fondo le due protagoniste de “Le ragazze stanno bene”, che si rincontrano dopo anni e vogliono stare vicine e sentirsi, pensano che le “fregano sempre” e che ”neanche se ti pagano ma tanto non ti pagano”, ma pensano anche che c’è un futuro e a quello bisogna guardare. C’è un’inquietudine di fondo che non sparisce, ma tutto quello che viene raccontato non ha più il peso drammatico dei primi album. Ogni cosa è stata illuminata: che sia rassegnazione, disillusione o altro, non è dato sapere, ma è qualcosa che ha cambiato il colore delle Luci della Centrale Elettrica.
Nel 2007, subito dopo il demo, Vasco disse che avremmo dovuto “trovare un’anima anche ai cavalcavia”, perché quelli sono i simboli del nostro tempo, di un’ epoca di cui “non resteranno neanche delle belle rovine” (“Una guerra lampo pop”). Allo stesso modo, “Costellazioni” sembra voler dire che è inutile continuare a parlare (cantare) di distruzione e disperazione: se a qualcosa bisogna aggrapparsi, meglio che sia un’allegria malata e senza senso. In un momento in cui la rabbia è il sentimento più diffuso, cantare una cosa del genere è una scelta enorme, che fa fare un salto di qualità a Vasco Brondi e rende “Costellazioni” un disco grande, importante, che si prende la responsabilità di offrire una chiave di lettura: invita alla leggerezza e allo stesso tempo alla consapevolezza di dover prendere familiarità con tempi e sensazioni che sono differenti da quelli che pensavamo di incontrare nella nostra vita adulta.
Se ormai abbiamo capito che l’idea di poter ballare sul mondo era solo l’ultima sparata a vuoto degli anni ‘80, non ci resta che ballare sulle macerie, fossero anche le nostre stesse macerie. Non è consolante, forse non è nemmeno quella che potremmo chiamare felicità, ma non importa. È quello che abbiamo, è quello che siamo: ogni posto è indimenticabile, la situazione è eccellente e “Costellazioni” è la colonna sonora che stavamo cercando.
Vedi la tracklist e ascolta le tracce sul player nella versione completa.