Immergersi nel sound, questo succede ascoltando “Wools”, è qualcosa che coinvolge tutti i sensi e ti scorrono immagini davanti quasi fosse un film, un film che per ciascuno è diverso, un’esperienza personale, un listening da cameretta che ti proietta in spazi infiniti e lontanissimi dove si cela il fantastico. Le percussioni afro e le voci distanti campionate che aprono “Bali” sono l’incipit della scoperta di un mondo nuovo, e ti ritrovi là, improvvisamente sopraffatto da una folla sconosciuta e dal basso che entra prepotente e fa calare l’oscurità new wave per un poco, il film diventa notturno, distopico, alienante e affascinante al tempo, per trascinarti in un vortice di effetti e beat ballabili e immaginifici. Le distorsioni della title track costruiscono aquiloni electropop che volano altissimi soffiati forte da uno spirito eighties, dalla voce fredda, riverberata e in piccole dosi, e da un attitudine minimale simile a quella di chi non bada ai vestiti che mette ma non rinuncia agli occhiali scuri, mentre “Dune” è una tensione crescente e costante, fitta di battiti e acida quanto basta per farti sudare freddo, ed è come catapultarsi su un dancefloor con nessuna voglia di muoversi, ma soltanto di fissare gli altri, e confondersi, ed è sempre afrobeat, ed è quel gusto elettronico che non distende i nervi ma li aggroviglia di più. “Daylight” è come non essere totalmente lucidi su una spiaggia assolata, una sorta di amore universale corretto con altre sostanze, pura psichedelia, e dunque riemergo mentre scorrono i titoli di coda su un finale aperto, distorto e un po’ ubriaco.
Dietro al progetto Warias si nasconde Matteo Salviato (bassista dei The Soft Moon) e questo ep d’esordio ha tutto ciò che serve per presentarsi bene: potenza, personalità e ottime capacità di trasportarti in altri luoghi, per ballare, fissare aquiloni o ciondolare distratti, completamente, totalmente, immersi nel sound.
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