Link Quartet Beat.it 2002 - Strumentale, Jazz, Funk

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Quando.
La musica definita ‘hammond-beat’ è convenzionalmente nata negli anni ’60. Sue caratteristiche principali sono il ritmo (beat), l’eleganza immancabile che si manifesta nella cura dei dettagli stilistici (dalle basette al calzino) e la presenza di ‘modette’ tutt’attorno (vestiti in vinile a tubino, stivali sopra il ginocchio, pettinature alla Nilla Pizzi).

Come.
Fatevene un’idea chiara ascoltando “Beat.it” dei Link Quartet. Loro fanno musica feat, niente scherzi.

Chi.
Tony Face alla batteria mantiene il giusto groove pastoso e umano; niente metronomo, rullate veloci sui tom, suono dritto ma non troppo, finalmente. Renzo Bassi è al basso e, come la sua altra metà ritmica, suona caldo; non necessariamente quadrato nell’esecuzione com’è giusto che sia (per la serie: Tony Levin non avrebbe senso qui). Poi c’è un hammond, suonato da Paolo Negri: basette lunghissime, mani veloci, molta tecnica, gusto e abilità nel tocco (essenziale per il suo strumento). Infine Giulio Cardini, che sta in mezzo a tutti con la sua chitarra elettrica.

Dove.
Da qualche mese ho sotto mano il cd in oggetto e l’ho testato nelle situazioni più disparate: appena sveglio, mentre dormivo, durante una festa tra amici, durante una festa a due.

Perché.
Amo questo disco per un paio di motivi: la gente istintivamente si sente bene quando viene pervasa dalla musica della formazione: muove la testa, beve un po’ di più rispetto al solito, ha pensieri sessuali ricorrenti, discorre a proprio agio, sente di essere ‘ok’ e a posto, sa che la serata riserverà necessariamente qualcosa di buono. La marijuana si materializza ripetutamente tra le mani dei presenti, ci si rilassa sui divanetti. Tutti si beve gin fizz e cordiali.

Cosa sta succedendo dunque? Sta succedendo che i Link Quartet sono riusciti a riportarci la vitalità di un periodo culturale e artistico del passato. Di più, l’hanno resa, ma attuale e con gusto non retrospettivo.

Modo d’uso.
“Beat.It” va ascoltato in repeat senza fare distinzione tra i brani; lasciate che sia una vostra colonna sonora. “Little Italy Serenade”, traccia 08, è la mia canzone preferita. Elegante. Morbida.

Quindi.
Un cd per stare bene. Altro che new-lounge-music-age del c...

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La recensione Beat.it di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-04-28 00:00:00

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