I Redrum Alone sanno bene come trattare le macchine, e lo confermano con questo pezzo.
Il freddo delle macchine va trattato in un certo modo, perché ne esca un suono che vada oltre la pura sequenza, il mero prodotto tecnologico, l’asettica conquista: lo sanno bene i Redrum Alone che confezionano questo brano per un cortometraggio di Luciano Parravicini (“Il Riparatore di Santi”) riuscendo come è loro solito a far sembrare ogni cosa semplice, trasparente, fluida, a intrecciare il respiro e il tocco e la presenza con alchimie sintetiche, a unire leggerezza e riflessione, l’ossigeno e il metallo. Ovvio protagonista il synth, che disegna tra la drum machine e il vocoder un percorso che rimane in equilibrio tra ambient e dance senza cedere né all’una né all’altra, dunque un’ ipnosi incompiuta e al tempo un ballo che resta fermo nei suoi primi passi, e un soffio lunare di paesaggi distopici che mi proietta tra “Blade Runner” e “1997: Fuga da New York”, cosa che mi capita spesso ascoltando il duo pugliese.
Accompagnato dal remix di A Copy for Collapse (decisamente più incline alla dancefloor), questo pezzo si inserisce perfettamente nella produzione dei Redrum Alone restando fedele ai principi che ne sono alla base: l’uso esclusivo dell’elettronica e, soprattutto, saper trattare il freddo delle macchine per tirarne fuori un respiro. L’ossigeno e il metallo. E i ragazzi lo sanno bene.
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La recensione Il riparatore di synth di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-06-19 00:00:00
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