Dopo aver recensito, un annetto fa circa, il loro primo demo, mi ritrovo ora tra le mani la nuova uscita dei No Timeo Adversa, “Take it easy”, una raccolta di 5 brani ritmicamente frenetici e sonicamente spinti.
Diciamo subito, però, a scanso di equivoci, che le coordinate della band sono sempre le stesse: basso slappato a dare il riferimento, melodie vocali altissime, ritmi dispari, pause, ripartenze e struttura delle canzoni molto variegata. In compenso c’è stata una grossa crescità soprattutto per quanto riguarda la potenza e il colore del sound, oggi molto meno grigio e freddo di un tempo. Ora la stravaganza ritmica si accompagna ad una convincente spinta e ad una maggiore compattezza in fase di arrangiamento; c’è inoltre un’ottima ricerca sull’effettistica e sui timbri che di sicuro giovano al gruppo che ora può distendere la propria musica appoggiandosi ad un rullante funk di forte appeal, ad un basso molto più rotondo e ad un lavoro vocale molto più stratificato di un tempo. Questo miglioramento è anche da imputarsi alla scelta della band di avvalersi, per le registrazioni, dell’X Studio di Bollate (MI) con Stefano Parodi al mixer nelle vesti di alchimista del suono.
La prima traccia (“Sunshine”) parte bene, con un intro molto suggestiva ed evocativa ma in ultima analisi mi colpisce poco, parlo soprattutto della composizione. Non si capisce bene cosa debba succedere armonicamente: lo sviluppo del brano è ben poco lineare e convincente considerando anche che dovrebbero essere proprio questa disomogeneità e questo distacco dalla forma canzone gli elementi attorno ai quali stringersi per caratterizzare positivamente la musica della band. L’elemento migliore è di sicuro il buon groove ritmico che riesce comunque a rendere interesante un pezzo un po’ troppo caotico.
La seconda (“Just in one girl”) mi piace già di più… ricorda qualche cosa dei vecchi Infectious Groove. Il cantato è più masticabile, non si sforza di raggiungere i toni alti a tutti i costi ma cerca di dare vivacità al drive ritmico, grazie anche a ripetuti cambi di registro stilistico. Buone la parti di basso, il lavoro sulle voci ed il grido nichilista simil-punk.
“Day” è forse la mia preferita perché non indulge, ma sa da subito dove vuol arrivare e non si perde in inutili manierismi. Lo stacco ritmico a metà brano serve solo a far rifiatare (e non a frustrare) quella che in effetti è la cavalcata più convincente dell’intero demo.
Forse in maniera meno palese rispetto al lavoro precedente, ma la fascinazione Primus di sicuro rimane ancora molto forte; emerge in modo più diffuso di un tempo, in genere nelle strofe e spesso innescata da basso e batteria che, in certi momenti, paiono addirittura stregati dalle pazzie ritmiche e dai pastiche sintattici di Les Claypool & soci.
“Diamond” è probabilmente il pazzo più pastrugnato: cambi ripetuti e discontinui, una continua perdita del senso di riferimento senza che questo sfoci poi in qualcosa di concreto. Si resta dunque piuttosto spiazzati e confusi, sicché la materia di scuola Primus in questo episodio non è molto più che pura accademia… ci sarebbero anche dei buoni riff ma sfortunatamente comunicano poco tra di loro.
Ci si riprende comunque con l’ultima traccia, la title-track, che riesce invece nell’impresa a cui abbiamo appena accenato, proprio perché il ‘patchwork sonico’ risulta convincente e con un filo logico più manifesto. Non c’è quindi da stupirsi che in questa canzone si raggiungano alcuni degli apici dell’intero disco.
Resta, in chiusura, la sensazione che “Take it easy” sia nettamente più maturo del suo predecessore, ma rimangono tuttavia aperti alcuni interrogativi legati all’appetibilità di un piatto, sicuramente succulento, ma forse un po’ troppo pesante e pasticciato. La strada intrapresa pare comunque molto buona e probabilmente nel futuro sentiremo parlare di loro in termini ancor più lusinghieri. E questo è anche il mio augurio per la band…
---
La recensione Take it easy (ep) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2003-04-28 00:00:00
COMMENTI